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Morte all'Ego

Il mio nome è Antoine. Ma ciò ha poca importanza, perché quando leggerete queste parole io non sarò più. Sarò morto per la seconda volta, come coloro che vivono temendo la fine dei loro giorni. Un dì forse ci incontreremo, sul ciglio di un petalo bagnato dai raggi del sole nascente, incarnati in gocce di pioggia estiva, inconsapevoli ma felici. E allora saprò che avete compreso questo messaggio, l'ultima cosa che ho da lasciare all'umanità.

Sono cresciuto da solo, circondato da sogni e fate, rifugiandomi nella dolce culla del gioco, dell'infanzia, della fantasia. Diverso da tutti gli altri bambini, giocavo con loro creando momenti di comunione e felicità, ma restavo solo. Solo dentro di me, esploratore ramingo di un intero universo che nessuno riusciva a comprendere. I miei genitori rinunciarono presto a tentare di capirmi, scegliendo di amarmi a modo loro, quasi fossi un figlio adottivo a cui garantire una famiglia anche se ti appare estraneo e sconosciuto.
Dopo un'infanzia idolatrata al gioco, non poteva che seguire un'adolescenza combattuta, dilaniante, ricca di emozioni, fughe, battaglie, dolore e ancora tanta solitudine.
Amavo scrivere romanzi, dipingere, inventare giochi, sperimentare le scienze, suonare la chitarra, studiare le stelle e creare mondi immaginari. Senza rendermene conto, cercavo disperatamente di gestire le Regole e la Verità ultima delle cose, di creare e manipolare: cercavo la Magia ed il Potere sulla Realtà.
Il soprannaturale calò come un'ombra su di me quando avevo 14 anni. Ricordo ancora quella notte d'estate, nella casa secolare dei miei zii paterni. Decine di folletti, alti meno di un metro, tutti attorno al mio letto. Mi guardavano con enormi occhi bianchi, senza parlare, senza un cenno, come aspettassero qualcosa. Per anni ho creduto di averli sognati: oggi so che quello è stato solo l'inizio del mio viaggio verso la Bestia.
Ricordo le streghe che volavano radenti al soffitto della mia camera, nascondendosi nelle pieghe dell'intonaco appena accendevo la luce. Ricordo i primi viaggi astrali, su mondi lontani ... ricordo i Tarocchi, l'Astrologia, il Pendolo e i lunghi studi esoterici. Tutto ciò mi conduceva sempre più dentro di me, rendendomi sempre più solo e incompreso. Ma contemporaneamente diventavo più forte e capace di cavarmela da solo: almeno così ho creduto fino a ieri.
Dall'altra parte lottava la mia anima umana, dono forse di origine divina, di incerta natura mistica, ma senz'altro viva e presente. Quell'anima eternamente sposata al cuore, che amava soffrire, piangere, innamorarsi per struggersi di emozioni e lacrime. Quella parte di me adorava Leopardi, passava le ore sotto il balcone della ragazza amata con un mazzo di fiori in mano, sognava amori romantici al chiaro di luna. Oh, quanto invidiavo coloro che soffrivano per un amore appena concluso! Almeno erano vivi, erano stati amati, amavano e si tormentavano, affogavano nelle emozioni. Godevano a pieno del dono della vita.
Io no. Io ero solo, non ero mai stato compreso, non ero mai stato amato.
In realtà quella parte di me, senza rendersene conto, era già arrivata al traguardo. La mia anima godeva dell'innamoramento non corrisposto, amava scrivere poesie d'amore, era felice di sentire, vivere, piangere e soffrire. Solo adesso lo capisco. Solo adesso capisco che quella era la via, la parte più interna di me. Ero illuminato ma inconsapevole.
Ma destare il proprio cuore così presto, circondato da persone perse nella loro quotidianità fatta di vestiti, motorini, discoteche e sigarette, è difficile. E' difficile credere in se stessi quando tutti ti deridono, quando i cattivi hanno sempre la meglio e i buoni sono costretti a giocare da soli.
E' difficile non dubitare quando la ragazza che ami ti lascia per un uomo più superficiale, più manesco, più violento e più egoista di te. E' difficile specialmente quando dall'altra parte senti il richiamo del Potere, che bisbiglia al tuo orecchio dolci nenie incantatrici.
Forse ho sbagliato a non cedere a quel richiamo, negli ultimi giorni della mia adolescenza. Forse avrei guadagnato tempo, forse no. Forse tutto questo cammino era davvero necessario, per arrivare a morire oggi, qui, su questo foglio sporco d'inchiostro e sangue.
Ma l'adolescente Antoine scelse la via del sole. Appena compiuti 18 anni la farfalla uscì dalla crisalide, volando tra campi di risa, fiori di amicizie e affetti, nutrendosi di allegria, gioia di vivere e voglia di succhiare il midollo della vita. Purtroppo, anche quel periodo fu un'illusione effimera. In realtà, nell'aprirmi al mondo, nel circondarmi di amici, nell'organizzare feste ed animare serate mondane, cercai di colmare insicurezze e solitudine. Non godevo dei numerosi amici per la loro Essenza, non preparavo una caccia al tesoro per donare felicità agli altri, non amavo la fidanzata per quello che lei davvero era, non tendevo una mano per dare privo di aspettative. Senza saperlo mi ero rifugiato nella normalità. Mi ero spento. Avevo scelto di accontentarmi, di sentirmi ammirato per i miei meriti sociali, di narcotizzarmi nella mondanità, di riempirmi di affetti, interessi, passioni. In realtà mi stavo svuotando lentamente ... prima arrivò la voglia di cose nuove, poi l'invidia, quindi la noia e l'insoddisfazione ... infine arrivò un mazzo di tarocchi.

Avevo 25 anni quando il soprannaturale tornò violentemente nella mia vita, diventando in breve protagonista assoluto e padrone della mia anima. Tra le pareti del Tempio compresi in quale stato di torpore ero caduto. Compresi che dare agli altri nella speranza di essere ripagati è sbagliato: meglio apparire egoisti. Capii come era più dannoso amare e poi rinfacciare tutto, piuttosto che negarsi a priori. Dentro di me si fece luce la verità: ascolta il tuo istinto, sii umano fino in fondo. E se questo conduce ad essere animalesco, vivi la bestialità che è in te. E se questo conduce al Male, sii malvagio: perché se quella è la tua vera Natura, quella è la tua Via.
E subito, come per lavare ogni dubbio, il Potere mi venne concesso. Iniziai ad ottenere tutto ciò che desideravo, le donne cadevano ai miei piedi e le persone mi seguivano come cani fedeli. Più maltrattavo le persone, più rendevo manifesto il mio egoismo, più acquisivo fascino e potere sulla realtà. Ero entrato nell'Eterna Ghirlanda Brillante, nel meccanismo dell'Autosufficienza, il quale cresce più lo professi, e più lo professi più diventa forte.
Poi venne la vera Trasformazione: conobbi il mio Oscuro Maestro, l'uomo che cambiò la mia vita, mutandomi in una sorta di sanguisuga assetata di Potere e Conoscenza. Lo conobbi per caso, attraverso un curioso annuncio appeso in una stravagante bottega. Ricordo che iniziammo a discutere le Regole del Gioco già al telefono, ancor prima di conoscerci. Lui divenne mio Maestro, Padre, Signore e Amico. Mi condusse per mano verso la Notte, mi indicò i tomi ermetici da studiare. Guidò i miei primi passi, consigliandomi, mettendomi in guardia dai pericoli e correggendo i miei errori. Officiammo il nostro primo rituale nella notte di Halloween, nostra vittima inconsapevole fu un mio vecchio amico, il quale aveva accettato di seguirci come ipnotizzato.
Quella notte la mia esistenza cambiò: iniziai a mettere in pratica ciò che avevo studiato durante l'adolescenza, tutto si incastrava perfettamente, gli eventi della mia vita acquisivano significato. Lui diceva spesso "se guardi da abbastanza lontano, puoi vedere un sottile filo rosso che unisce tutti gli eventi della tua vita. Devi solo riuscire ad allontanarti abbastanza.".
Furono anni intensi, fatti di avventure, discussioni esoteriche, esperimenti mistici e grandi sfide. Da suo allievo divenni presto suo amico, poi compagno di avventure e infine spalla destra nelle lotte per manipolare la società umana. Mi presentò a molte altre "persone", con le quali c'era spesso da disquisire sugli ingredienti, gli incantesimi, le formule e i rituali.
Ma io ero nato per agire da solo e il Potere mi concesse ciò che desideravo. Lui dovette trasferirsi in Germania, per me venne il momento di affrontare la Bestia. A nulla valse la profezia di una sorella, la quale mi parlò di un viaggio all'estero, nella capitale oscura, dove avrei ceduto alle lusinghe del Demonio. Ironia della sorte, o semplicemente magia, la notte che lei predisse la mia caduta io incontrai il mio nemico. Era ovviamente una donna, sensuale e astuta, tessitrice di reti nelle quali attendere pazientemente la propria preda. Ed io, passo dopo passo, caddi nella sua rete.
Lei si chiamava Nicol. In principio mi divertii a dominarla e renderla mia schiava. Era la prima volta che incappavo in una persona della sua Natura, non sapevo cosa stavo rischiando, non mi rendevo conto che era lei a tenere i fili del gioco. Una notte ebbi modo di parlarne al mio Maestro, il quale mi mise immediatamente in guardia dicendo "Attento a non cedere alle lusinghe del potere, a non cadere in tentazione". Ma io, ormai sicuro di me e fiero della mia forza, mi trovai a ridere del suo consiglio, trovandolo paternalistico e antiquato. L'errore del Figlio è sempre la presunzione di arrivare a saperne qualcosa più del Padre, prima o poi. Caddi nella trappola della Bestia. La affrontai prima di essere pronto, sottovalutando il potere del Lato Oscuro.
Invece di ascoltare il suo consiglio, convinsi il mio Maestro ad officiare un rituale che l'avrebbe legata a me, convinto com'ero che in questo modo avrei vinto la battaglia e l'avrei sottomessa definitivamente.
Le immagini di quella notte sono impresse indelebili nella mia coscienza. Era l'ultima notte di agosto, la luna si nascondeva dietro le nuvole color vinaccia, mentre noi tre ci dirigevamo verso quella grotta in mezzo ai boschi. Lui sembrava sicuro, protetto da uno scudo invisibile, e forse era davvero così: la fibbia di Iside, che aveva forgiato in duplice copia, sfoggiava fieramente sopra la sua tunica bianca, illuminata da chissà quale luce notturna.
Ricordo bene la cerimonia: i Fuochi rossi danzavano tremolanti sul pavimento di Terra, l'incenso odorava nell'Aria, l'Acqua gorgogliava nella ciotola. Per l'occasione avevamo fatto forgiare due anelli d'argento, che avevo sottoposto ad un rituale al fine di rafforzare l'effetto del Legame. Ciò dimostra ancora una volta che è la brama di Potere a portarci verso l'Ego e il Possesso, i quali a loro volta alimentano il nostro desiderio di Potere. E' la famosa Spirale Oscura, di cui venni a conoscenza solo anni più tardi.
Quella notte non ero pronto. Lei vacillò la formula del rituale, si ritrasse, spezzò l'incantesimo e me lo ritorse contro. Io nemmeno me ne accorsi. Ad una frase del Maestro lei rispose "devo proprio?".
Fu un momento di imbarazzo glaciale, di avvisaglia, un segnale che non seppi cogliere. Portammo a termine la cerimonia senza altri indugi, ma gli effetti del rituale erano stati deviati sulla mia anima. Nel concedermi il potere assoluto, nel piegarsi totalmente e senza condizioni alla mia volontà, lei mi aveva Posseduto e mi teneva tra le mani come un burattino. Ero schiavo del mio stesso potere.
Mio Padre non disse nulla: sorrise, ci accompagnò tra i boschi sotto le stelle, quindi mi salutò. Un mese dopo io ero a Londra, stramazzato sul pavimento, vittima dell'Incantesimo.

La piscina. Il potere terapeutico dell'acqua. Forse fu quella la mia salvezza. L'anello sembrava bruciare al dito vasca dopo vasca, lo vedevo baluginare tra le bolle bianche delle mie stanche bracciate, eppure non lo toglievo. Ci provai, in un paio di occasioni, ma poi uno strano senso di colpa diventava così opprimente che tornavo ad indossarlo.
Nuotando in qualche modo scaricai l'odio che mi aveva posseduto, calmai la Bestia. Ho compreso solo recentemente il legame vigente tra Acqua, Riposo, Amore e Salute (Jin) e l'Autosufficienza, la Bestia, il Sudore e la Solitudine (Yang).

Riuscii a calmare la bestia, ho detto. Già, "calmare", non "sconfiggere". Feci tesoro dell'esperienza, compresi che non ero stato abbastanza egoista, che lei era più Potente di me. Ero ancora troppo umano. Il mio lato romantico e sensibile, intriso di Pura Essenza immacolata, era stato il mio punto debole. Avevo bisogno di leccarmi le ferite, catturare qualche preda facile, recuperare le forze e vendicarmi. La battaglia non era finita, io ero sopravvissuto e avevo davanti a me l'eternità. Noncurante della profezia che mi riguardava, feci delle ricerche e ottenni l'indirizzo di alcuni luoghi londinesi particolarmente Oscuri.
Iniziai a frequentare i Requiem del lunedì sera a Kensingston, ad esplorare i locali Gothic, Dark, Fetish e Metal. Nei mercatini londinesi acquistavo talismani incantati, per accrescere il mio piccolo arsenale fatto di manette, catene, anelli e coltelli. Tutti in argento vivo.
Approfittai del periodo londinese per sperimentare nuovi Poteri e nuovi Rituali. Superata qualche difficoltà iniziale riuscii a Dominare anche le prede anglosassoni, cacciare divenne sempre più facile. Il Lato Oscuro aveva vinto la sua battaglia, la mia anima era dominata dalla Bestia.
In quei giorni misi in discussione i valori, seppur egoistici, che avevo raggiunto anni prima. Ma non per tornare indietro, bensì per andare avanti su quella strada. Mi convinsi che seguire la propria volontà, il proprio istinto, non era sufficiente. Concedersi alla Bestia di tanto in tanto, come per capriccio, era un compromesso ridicolo. Perciò ero stato sconfitto da Nicol. Non credevo completamente nella Bestia, non ero stato suo servitore devoto, non mi ero mai completamente abbandonato alla malvagità incondizionata.
In quei mesi giunsi ad una nuova verità: il Male è più forte, ed è la via Giusta. Per ottenere ciò che vuoi, non puoi concederti compromessi. C'è da mentire? Menti. C'è da uccidere? Uccidi. C'è da ingannare? Inganna.
Lasciai Londra alle spalle senza bagaglio apparente, ma in realtà portavo con me un peso che troppo gravò sulla mia anima dannata: la fedeltà assoluta alla Bestia.

Tornato in Italia ebbi presto modo di incrociare Nicol. Incontri fugaci, sguardi infuocati, che però apparivano appena un tremolio di luce attraverso i nostri Sigilli di Protezione. Io sapevo di essere diventato più forte, adesso avevo una possibilità di affrontarla e distruggerla. Ma questo era vero fin tanto non facevo la prima mossa. Se avessi attaccato per primo, mi sarei ritrovato a combattere corpo a corpo, sul suo terreno, e avrei potuto soccombere. Il tempo era dalla mia parte, ogni anno che passava lei diventava più debole ed io diventavo più forte. Consapevole di questa verità, non valeva la pena cercare lo scontro, era meglio mettere da parte la sua esistenza e cacciare prede solo per diletto. Durante questo periodo riuscii facilmente a sottrarle l'anello che portava al dito, in modo da tornare nella caverna e annientare i due talismani. Essi giacciono ancora lì, nelle potenti acque della fonte sommersa, in fondo alla grotta. A volte mi chiedo se mai un giorno qualcuno riconoscerà gli eventi di cui vado narrando e andrà a recuperare i due anelli. In molti darebbero un dito per sapere dove sono celati. Ma adesso, che l'alba si avvicina e la penna inizia a tremare, anche questo segreto ha perso importanza.
Dopo aver neutralizzato il pericolo degli anelli ebbi modo di ritrovare il mio Mastro.
Incontrarsi fu intenso, eravamo una sorta di famiglia, il nostro legame ci univa ancora. Già, perché avevo voluto legare anche lui, ma in modo onesto, vero e reciproco. Avevamo siglato il nostro Legame di Sangue con due calici di cristallo, prima della sua partenza, che facemmo volare dalla finestra del settimo piano.
Ma nonostante tutto questo, qualcosa ci rendeva ora lontani, estranei, distaccati. Lui era cambiato: mancava in lui la brama di potere, la lussuria, la vitalità dell'egoismo e la passione per la notte. Sorvolava qualsiasi argomento esoterico come se volesse evitare di parlare di un parente scomodo.

La Bestia non lo governava più, potevo sentirlo! Eppure ella non era assente e lui ne era consapevole. Non rinnegava il suo passato, la sua Natura era immutata. Sembrava quasi che avesse preso il controllo sulla Bestia.
Già, perché non è possibile sconfiggere la Bestia. Siamo nati animali. La sola esistenza delle nostre emozioni, dei sentimenti, dell'irrazionalità dimostra che nasciamo umani in quanto siamo animali. Rifiutare la Bestia che è in noi significa rifiutare la nostra Umanità. Molti la tengono assopita, alcuni la rinnegano, ma non fanno altro che ignorare il problema. L'unico modo di liberarsi dalla Bestia sarebbe trasferire la nostra coscienza in un cervello elettronico, diventare una macchina, logica e impeccabile. Un freddo calcolatore privo di emozioni. Insomma, smettere di essere "umani".
Ma lui sembrava esserci riuscito. Non appariva illuminato, beato o santificato. Era sempre lui, capace di indossare la maschera della malvagità all'istante, ma solo la maschera. Dentro era cambiato qualcosa, una parte di lui era stata soddisfatta, appagata e domata. Per sempre. Questi incontri seminarono in me uno strano germe, che sin da subito intaccò la mia fedeltà alla Bestia.
In attesa dello scontro con Nicol, decisi di passare il tempo godendo dell'esercizio dei miei poteri, scegliendo vittime innocenti che divoravo nell'arco di una notte. A volte preferivo catturarle, tenerle incatenate settimane o mesi, in modo da torturarle lentamente, annebbiando la loro mente per nutrirmi del loro cuore. Fu così che mi capitò di catturare Paola, un'innocente studentessa semplice e piena di vita, che divenne in breve la mia preda preferita. In quel periodo stavo mettendo a punto alcuni rituali negromantici, riuscii più di una volta ad evocare potenti Demoni degli Inferi. A loro chiesi successo, ed ottenni successo. Chiesi un titolo di tutto rispetto nella società umana, e lo ottenni. Chiesi prede ambite e irraggiungibili, le quali furono concesse con facilità. Loro in cambio chiesero di immolare Paola. La mia fedeltà alla Bestia non mi fece dubitare nemmeno un attimo sul da farsi, ed io colpii per uccidere.
Ma qualcosa andò storto. Come per Abramo, un angelo invisibile fermò il mio braccio, ma non lo trattenne abbastanza: colpii Paola vicino al cuore, ferendola gravemente, ma senza ucciderla. Lei era straordinariamente forte e solare, un senso di vera fede albergava nella sua anima, riuscì a fuggire correndo verso il sole nascente. A nulla valsero le mie grida, nel correrle dietro, indebolito ed incapace di dominarla, turbato interiormente da uno strano disagio.
Sento ancora la sua voce -" Sei un mostro! Come hai potuto? Come hai potuto fare tutto questo con il solo scopo di farmi del male? Sei un mostro, un mostro orribile!". Quelle parole raggiunsero qualcosa che si potrebbe chiamare briciolo di umanità, brandello di anima, alone di Essenza annerita all'interno di un corpo ormai vuoto. Quelle parole mi misero in ginocchio togliendomi il coraggio di fermarla. La lasciai andare, sconvolto e spaventato dal fatto che dentro di me la Bestia ruggiva e tuonava. Ma io non volevo ascoltarla.
Sentivo le mascelle vibrare di potere, i miei artigli erano lunghi e affilati, la mia mente era forte e ben disciplinata, eppure mi rifiutai di usare il Potere. Non mi interessava, avevo capito che il prezzo di quel potere era la schiavitù alla Bestia: era la Bestia a dominare la mia vita, era lei ad avere il potere. Io ero solo lo strumento, la vittima del gioco. Il mio Ego era stato consumato, il mio cuore aveva resistito a lungo coperto dalla melma e annerito dal fuoco. Il viaggio era compiuto. Come Dante, avevo attraversato l'Inferno per arrivare al Purgatorio. D'un tratto compresi di aver sempre saputo di volermi ribellare alla Bestia, di desiderare un equilibrio con la mia vera Natura, gettando alle spalle la maschera di angelo della morte per diventare messaggero di pace.
Il nuovo millennio stava appena iniziando, era giunto il momento di rinnovarsi e prendere coraggio. In ginocchio sul pavimento, le manette ancora appese alla cintura e la frusta nella mano destra, mi ritrovai disperatamente intento a cercare di strisciare verso un angolo dove rannicchiarmi, dove vergognarmi di me stesso, dove redimermi e pulire la mia anima dal fango in cui avevo sguazzato. Rimasi rannicchiato a lungo, in preda agli spasimi di dolore che la Bestia mi infliggeva per vendicarsi, per costringermi a reagire. Seguirono mesi e mesi di isolamento, narcotici, sofferenza e autocommiserazione. Fu in quel periodo che compresi il vero significato della Spirale Oscura, della via del Male, ovvero gli intenti della Bestia.
La Spirale può essere percorsa in due direzioni: in senso orario si va dall'interno all'esterno, prima a piccoli passi, poi sempre più velocemente, infine in un vortice rapidissimo di evoluzioni repentine e sempre più espanse verso l'esterno. In senso antiorario conduce verso l'interno. I primi passi sono veloci, sembra di percorrere grandi distanze con poco sforzo. La strada che prima era in salita è ora in discesa, la velocità aumenta, senza fare alcuna fatica. Ma più ci si avvicina al centro più si incontrano ostacoli difficili, i quali richiedono sempre più potere per essere superati. E più cerchiamo il potere di superarli, più siamo costretti a addentrarci nella spirale, innescando un meccanismo senza fine dal quale è estremamente arduo tornare indietro. Questa è la via della Bestia, che conduce al nulla del Sé, al vuoto interiore, all'oblio dell'anima. E' la via del Male.
Non appena compresi il significato della spirale, capii che dovevo invertire la direzione, anzi: che volevo invertire la direzione. Ma non avevo fatto i conti con il potere della Bestia alla quale mi ero concesso, ai nemici che avevo accumulato negli anni ed alla comodità a cui il potere mi aveva abituato. Smettere di abusare del potere è come smettere di drogarsi: significa affrontare crisi di astinenza, resistere alle tentazioni del passato, umiliarsi e degradarsi. Significa affrontare Demoni, Mostri e Nemici che prima potevi schiacciare con un dito, significa rifiutarsi di difendersi anche quando sei in ginocchio alla loro mercé. Non ce l'avrei mai fatta da solo, sarei stato distrutto nel giro di poche settimane, sarei morto agonizzante ai bordi di una strada, se non fosse intervenuto lui. Il mio Maestro apparve attraverso le tenebre, sfoderando poteri mai visti, liberandomi dal branco di cacciatori che era quasi arrivato alla mia gola.
Mi soccorse sul ponte vicino al suo rifugio, dove mi trovavo per pura combinazione. Ero sopravvissuto ancora una volta, mi ero salvato nel momento di massima debolezza, solo grazie al suo intervento magistrale. Ma il peggio doveva ancora venire.

Restai ospite nel rifugio del Maestro per quasi un anno. Fu un anno duro, forse il più duro, durante il quale fui costretto a pagare gran parte del Karma negativo che avevo accumulato. Una volta vista la via sapevo di voler raggiungere quello stato beato che possiamo chiamare Golconda, Illuminazione o Paradiso. Ma dovevo prima pagare lo scotto per aver voluto prendere la scorciatoia. Fui assalito da molti mostri, ai quali dovetti resistere usando il Potere in modo puro, chiedendo solo ciò che era lecito chiedere, senza abusarne. E' estremamente arduo avere gli strumenti, averne compresa la malvagità, e trovarsi costretti ad usarli per affrontare i demoni che ci assalgono. Non usarli sarebbe sciocco, sarebbe l'anti-negazione della Bestia, significherebbe cadere nell'estremo opposto.
Il segreto sta nell'equilibrio, nella libertà di scegliere il bene migliore: quello suggerito dalla nostra natura più interiore. E se siamo chiamati a Dominare, per la nostra salvezza o per il bene altrui, allora ci viene concesso di Dominare. Esercitando un potere quasi sacerdotale, divenendo il tramite di un'altra volontà profonda e in conoscibile. Ma ciò richiede molta forza e all'inizio la forza manca. I primi sei mesi ci pensò il Maestro, a sorreggermi e difendermi, poi venne nuovamente il tempo di cavarmela da solo.
Impiegai parecchio tempo a rimarginare le cicatrici, a togliere le ultime tracce di melma e sperimentare la visione mistica del Potere. Credevo di avercela quasi fatta, ma ero ancora una volta in errore. E adesso, che la fine si avvicina con il canto degli uccelli che salutano il sole, so che era davvero quasi fatta. Mancava un soffio, ma del resto, quel "soffio" era proprio la prova finale. Una prova di cui neanche il Maestro aveva mai parlato esplicitamente, ma che lui aveva sicuramente dovuto affrontare.
Mi trovai solo. Libero. La Bestia era domata. La felicità era a portata di mano. Adesso potevo tutto, ero libero di godere della mia esistenza solitaria. Il prezzo karmico era stato pagato pesantemente, la mia anima era ogni giorno più pulita, nuove opportunità si aprivano davanti a me.
Opportunità. Occasioni. Tentazioni. Il passo è breve.
La motivazione iniziale appare nobile: facciamo qualcosa di utile per la società, cerchiamo un modo di convivere tra gli umani in armonia, seguendo la mia natura. Allora ... facciamo che organizzo un'attività, contatto delle persone, le guido, le gestisco. Diciamo che gestisco io la mia vita. Era mentre cadevo in questa tentazione che arrivò la prova finale.
Conobbi Giulia, una Sorella che aveva da poco sfiorato Golconda e ne stava raccogliendo i frutti. E' vero, continuava a pagarne l'eterno prezzo del dolore, ma coglieva frutti di vita vera. Lei era la prova che ne valeva la pena. Giulia rappresentò l'anima con cui comprendersi a vicenda e condividere un'eternità. Chi altri poteva capire il mio turbamento? Quale essere vivente ha mai capito veramente dove alberga la Bestia? Le persone si credono sempre civili, corrette, giuste e rette. Ma negano che tra noi si celano serial killer, stupratori, assassini, ladri, politici corrotti, criminali, pessimi genitori e figli ingrati. Basta aprire un quotidiano per sincerarsi del fatto che la razza umana è toccata dal marchio della Bestia. Aver scelto di abbandonarla, pagandone il prezzo, è una scelta rara. Questa era una scelta che potevo condividere solo con Giulia, sconfiggendo così l'ultimo demone, quello della solitudine e della incomprensione. Il demone dell'Autosufficienza.
La prova finale, dicevo. Giulia ed io iniziammo a inseguire la via dell'Essenza, sorreggendoci e correggendoci a vicenda, notte dopo notte. A volte ci salutavamo poco prima dell'alba, provati, esausti, ma felici.
Ma dopo qualche tempo Giulia venne tentata. O forse, visse un conflitto con la propria bestialità assopita, un leone ancora capace di sfondare le sbarre che lo imprigionavano. Iniziò a parlare della Via che aveva smarrito, del passato dal quale non riusciva a staccare. Divenne fredda, assente, distante.
Anch'io venni tentato. Da una parte c'era la tentazione della società, incarnata da Mahsstrac, demone del Potere. Dall'altra quella della solitudine, incarnata da Abhorra, demone dell'Autosufficienza.
Per un paio di mesi il rapporto fu conflittuale, in me si risvegliarono paure assopite. Ricordai che lei era pur sempre una Sorella, dotata di grandi poteri, capace di incantarmi, ingannarmi e distruggermi. Forse la più potente con la quale mi ero mai cimentato. Potente e terribile, in grado di annientarmi con una sola parola.
La paura sobillò le mie tentazioni e senza rendermene conto presi delle precauzioni. Neanche mi accorsi di tracciare dei sigilli di protezione, percepii appena la Bestia languire in me mentre lanciava il suo ultimo appello disperato. La Bestia invocò l'essenza stessa del Male, parlò ai frammenti della Bestia che albergano nella grande anima collettiva, provocando la Convocazione di Nicol.
Avvenne tutto all'improvviso, in un momento. Una sera Giulia comunicò apertamente che si sarebbe assentata qualche giorno, innalzando così un sigillo di inviolabilità totale che mi sorprese come un fulmine a ciel sereno. Due sere dopo Nicol venne Convocata dalla Bestia. Io decisi di affrontare la prova, carico di energia e fiducioso nel fatto che l'avrei dominata senza ricorrere alle lusinghe del potere. Fu un incontro di natura parlamentare, durante il quale ci limitammo a porgere reciprocamente il rispetto per il potere dell'altro, a ridere dei nostri scontri passati e a parlare della Bestia che tanto ci accomunava. Poi un addio, sempre facendo finta di aver sotterrato l'ascia di guerra. Una voce interiore mi diceva di non fidarmi, ma le settimane passarono senza che accadde nulla. Iniziai a pensare di avercela fatta.
Forse la prova non consisteva nell'affrontare Nicol per distruggerla, bensì nell'affrontarla evitando di combatterla, senza odiarla e senza cedere alle sue provocazioni. Forse era davvero fatta. Restava solo da aiutare Giulia a sconfiggere le sue paure e riprendere il viaggio.
Ovviamente sbagliavo. Altrimenti non sarei qui a scrivere freneticamente queste righe, cercando di correre più veloce della fine che si avvicina, su questa bianca spiaggia umida, accarezzato dalle grida dei gabbiani. Anche quella volta ero in errore: tornai da Giulia senza preavviso, cogliendola in flagrante e scoprendo ciò che mi celava da mesi. Un tesoro inestimabile: la Via per Golconda, la vera Via. Non mi è concesso descrivervi quali sembianze assume la Via, ma si tratta di un talismano di indubbio potere. Sapevo che lei l'aveva trovata, ma aveva sempre detto di averla smarrita tempo addietro, che apparteneva al passato. A suo dire, l'aveva persa proprio poco prima di incontrarmi.
La rabbia esplose in me. Mi sentii ingannato, tradito, usato e amareggiato. Lei mi aveva mentito, aveva usato i suoi Poteri per legarmi a sé, aveva celato la Verità. Le servivo solo come sostentamento, forse un cucciolo fedele a cui si era affezionata, ma non sicuramente degno di condividere Golconda con lei. La Bestia prese il sopravvento. Il sangue ribollì nella vene, in pochi istanti sentii la forza dell'odio scorrere dentro di me, preda ormai della frenesia. Ci volle uno sforzo di volontà sovrumana per non ucciderla.
Presi la Via tra le mani giusto il tempo di leggerne il Vero Nome, poi la abbandonai con disprezzo sul tavolo. Uscendo lasciai Giulia rannicchiata in un angolo ed iniziai a vagare per la città. Tentai di ritirarmi tra le mie carte e cercai l'isolamento, ma fu inutile. La Bestia morente si agitò ancora una volta, animata da un feroce quanto disperato istinto di sopravvivenza. Fu la Bestia a convocare nuovamente Nicol nel mio rifugio, illudendomi che era possibile dimenticare il tradimento di Giulia, cancellarla dalla mia esistenza con una vittoria definitiva su Nicol, mia nemesi eterna.
Fu uno scontro breve ma violento. In un attimo raggiunsi il suo collo e affondai i canini con rabbia e decisione, liberando energie che si erano annidate nelle pieghe della mia anima anni ed anni prima. Lei era indiscutibilmente potente, ma io ero preparato ad affrontarla. Per un attimo vacillai tentato dall'idea di possederla, dominarla, renderla schiava, legarla a me o semplicemente distruggerla. Sentivo il richiamo della Bestia, quella voce interiore che sussurrava "Antoine, pensa a te stesso. Godi, soddisfa la tua brama di potere, realizza i tuoi desideri più nascosti. Non gettare con disprezzo lo scettro che ti viene offerto". Ascoltai con attenzione quella voce, riconoscendo nel sussurro una sfumatura di paura e disperazione: la Bestia sapeva di essere ormai sconfitta, sapeva che non l'avrei più ascoltata. Avevo superato la prova. Vedevo chiaramente quello che la Bestia mi offriva, mentre dall'altra parte c'era quello che Giulia mi aveva insegnato. Il confronto era schiacciante. Giulia mi aveva ingannato, mi aveva tradito, ma intanto aveva trovato la Via. Questo solo aveva importanza: la Via esisteva, Golconda non era una chimera, adesso lo sapevo.
Allentai il morso al collo di Nicol, continuando però a succhiare avidamente. Sentivo che nel rubarle la Vita stavo liberandola dalla Bestia, la stavo salvando. C'era del buono in lei, potevo percepirlo. Le offrii il mio polso, dal quale iniziò a bere avidamente. All'inizio fu come svuotarsi, ma dopo un attimo di mancamento le energie tornarono in me, liberate dal marchio della Bestia. Solo allora capii: Nicol apparteneva alla mia stessa stirpe, era una Sorella che avevo confuso con un lupo feroce. Durante quello scontro sciogliemmo l'incantesimo che ci aveva avvolto nella grotta, tanti anni prima, sostituendolo con un nuovo legame fatto di riconoscimento e rispetto, di pace e alleanza. La mia eterna nemica, rivale e amante era diventata mia Sorella. Un vero miracolo, non vi sono dubbi. Ma nulla viene dato senza pagarne il prezzo.
Appena la lasciai andare, libera da ogni legame, mi resi conto di quello che era accaduto. Avevo finalmente risolto una battaglia iniziata secoli prima, ma per vincerla ero stato posseduto dalla Bestia un'ultima volta. La rabbia mi aveva accecato, la frenesia aveva guidato i miei passi: e se Giulia fosse stata in buona fede? La Bestia, pur se assopita, aveva inquinato i miei sensi e i miei giudizi, lo aveva fatto soprattutto nell'attimo in cui avevo scoperto il tradimento di Giulia. Forse mi ero sbagliato su tutto, forse avevo frainteso ogni evento, forse avevo disegnato la storia della mia vita facendola incastrare in quello che avevo in mente, senza guardare la realtà delle cose.
La notte successiva ebbe inizio la lenta agonia che mi sta uccidendo: avevo ceduto alla Bestia, che credevo sconfitta da anni, non potevo essere perdonato. La rabbia, il tradimento, la delusione erano solo spiegazioni, non giustificazioni. Ormai non avevo più ragione di esistere. I miei nemici erano sconfitti, la Via era smarrita, fuggita con Giulia. Non restava che morire lentamente, da solo, divorato dalla Bestia che avevo risvegliato. Il mio sangue stava già iniziando ad avvelenarsi, le prime pustole apparvero sulle gambe, poi sulle dita. Dei vandali sfondarono il vetro del mio rifugio, i demoni tornarono ad assalirmi e mi trovarono inerte, indifeso, morente. Mi ritirai in me stesso, tra le mie carte, celandomi agli occhi di tutti, spinto dal desiderio di morire da solo, senza recare più fastidio all'umanità, senza vivere altre illusioni di salvezza.
Invece venni salvato un'altra volta: Giulia bussò alla mia porta, trovò il coraggio e la forza di entrare nel mio rifugio, mi prese tra le braccia spogliandomi dal dolore. Lei esorcizzò i demoni che mi stavano assediando, tolse il marchio della Bestia dalla mia anima, mostrandomi la piena potenza della Via che aveva intrapreso. La Via della Verità, dell'Amore, della Libertà.
La Bestia venne finalmente distrutta, la mia Natura esplose in mille frammenti, una nuova metamorfosi ebbe inizio. Ancora adesso non so quali effetti avrà sul mio corpo, cosa accadrà al sorgere del sole. So solo che Giulia mi liberò dalla Bestia prima di dirmi addio e riprendere la sua strada. Lei aveva scelto di abbracciare la Via, che non poteva condividere con me. Il nostro fu un addio sofferto e intenso, fatto di lacrime di cera fusa, chiari di luna e cieli tempestosi. Ma, per la prima volta in vita mia, fu un addio che non celava rancore, rabbia o delusione. Fu un addio vero, commosso, che rafforzava i valori che avevamo condiviso, senza gettare tra le fiamme quanto avevamo raggiunto assieme.
Restava ormai una sola cosa da fare: io dovevo trovare la Via da solo, o almeno tentare.

Ecco i primi raggi dell'alba. Quale spettacolo terribile e maestoso! Mancano ormai pochi minuti prima che io passi a miglior vita. Forse tornerò al mondo sotto forma di gabbiano, albero, farfalla o delfino. Forse sarò solo cenere, avrò modo di mescolarmi a questa sabbia, smarrirmi tra miliardi di granelli, universi ricchi di ricordi millenari. Voglio fondermi. Voglio unirmi al mondo intero. Voglio tornare con la risacca, salendo e scendendo come un principe delle maree. Un piccolo principe, senza potere, senza terra, senza corpo.
Voglio porre fine a questa agonia, questo strazio indegno di chiamarsi vita. Esistenza, nulla più. Ecco l'unico nome che ha meritato la mia Non Vita sino ad oggi: un volgare misero esempio di sopravvivenza, attaccamento forsennato al desiderio di gestire gli eventi. Attaccamento all'autosufficienza, a me stesso. Questo è il messaggio che intendo lasciarvi. So bene che l'esperienza non può essere tramandata, che solo bruciandosi si può capire cos'è il fuoco, ma ho ancora qualche minuto prima del grande momento e intendo provarci. Ho ritrovato la mia Essenza, ho ritrovato l'adolescente che sapeva già sentire, che era Vivo e non lo sapeva. In tutti questi anni ho tentato di rinnegare la mia natura romantica, passionale, languida, intrisa di acqua, umidità e amore. Per liberarmi dalla Bestia ho affrontato il cammino più pericoloso, dal quale nessuno è mai uscito incolume. Sono stato costretto a rinnegare me stesso, a non ascoltare i lamenti della mia anima, ad indossare maschere e vestirmi di catene. Ma adesso posso dare un senso alla mia vita. Tra poco, al sorgere del sole, vibrerò per un attimo con l'intero universo, sarò vivo, percepirò ogni singolo raggio di luce, ogni onda di calore, colore, tepore, sapore.
I saggi hanno detto "non amare per evitare di soffrire è come non nascere per evitare di morire". Quante persone lo hanno ripetuto, su quanti libri è stato scritto, senza che nessuno lo abbia davvero messo in pratica. E' la vergogna di noi miseri esseri viventi. L'incapacità di depositare nell'anima ciò che apprendiamo mediante le parole o l'esperienza altrui. Per questo ho gettato tutti i miei libri nel mare, tutti i miei diari, i miei ricordi, gli oggetti del passato. Lascerò solo questa lettera, unica testimonianza della mia esistenza.
Ma il tempo sfugge. Anche stanotte i demoni mi hanno assalito, ma io li ho lasciati fare, senza difendermi. Il mio corpo è ormai lacerato da mille ferite, il dolore attanaglia le membra, così lancinante che la penna trema tra le dita. Sono un gigante che si lascia divorare dai topi, potrei difendermi, annientare i demoni che mi circondano, ma stavolta ho davvero imparato la lezione. Non si può sconfiggere il lato oscuro della nostra anima con il potere. L'unica soluzione è lasciarsi andare, lasciarsi vivere, lasciarsi morire giorno dopo giorno. Ad ogni attacco dei demoni la penna viene scaraventata lontano dalla mia mano, mi ritrovo agonizzante sulla sabbia, sporco di sangue, mentre li lascio infierire sul mio corpo e sulla mia anima. Ma non sto soffrendo. Sono finalmente felice, perché sono finalmente vivo. Lascio che il dolore passi attraverso di me, mi concentro per sentirlo, cercando di assaporarne ogni sfumatura, ogni aspetto, ogni lamento. Sento la presenza della Bestia sgretolarsi dentro me, percepisco la luce vivida che si fa strada nel mio cuore, avverto ogni fremito ed ogni emozione. Questi momenti, come la vita tutta, sono saturi di dolore e sofferenza. Che senso avrebbe usare il Potere per alzare una barriera di protezione? A che pro narcotizzare il mio corpo, per quale ragione anestetizzarsi dalle sensazioni, quando esse sono l'unica entità reale della nostra esistenza?
Siamo nati in un mondo di Illusioni, dove Realtà e Percezione sono la stessa entità. Qualsiasi cosa otteniamo, costruiamo, raggiungiamo o conquistiamo è di passaggio. Ci illudiamo che valga la pena studiare, ricordare, ordinare i nostri scritti e realizzare tutto ciò che passa per la nostra mente. Ma la mente è ingannatrice, riesce sempre a pensare più cose di quelle che possiamo realizzare. Ciò ci condanna a vivere di aspettative non appagate, sensi di colpa, delusioni e frustrazioni. A nulla vale completare un progetto, raggiungere un obiettivo, ottenere un risultato. La nostra mente è sempre pronta a pensarne altri, a porci davanti nuovi ostacoli, nuove scusanti per dire "oggi non sono felice, ma sto lavorando per esserlo domani". E continuiamo ad ingannarci in questo modo, giorno dopo giorno, illudendoci che la felicità sia sempre dietro un angolo e che stiamo per raggiungerla. Se ci fermiamo un attimo, se lasciamo cadere gli strumenti, il senso di colpa ci assale. Crediamo di aver mollato la lotta, di aver rinunciato a combattere. Così raccogliamo gli strumenti e riprendiamo a lavorare, per tutta la vita. Lavoriamo senza capire di essere innamorati della nostra condizione di eterni lavoratori, senza ammettere che in realtà lavorare significa fuggire alla domanda "Qual è lo scopo della mia esistenza?". Il vuoto lasciato da questa domanda ci ferisce, ci disarma, è un peso insopportabile. Non riusciamo a restare con le mani in mano, consapevoli della nostra inutilità, consci di non trovare la direzione. Allora lavoriamo per un futuro migliore, convincendoci che un giorno lontano la riposta arriverà dal cielo.
Invece gli strumenti vanno gettati. Non c'è alcun lavoro da fare, non c'è alcuna direzione da seguire. Basta fermarsi, smettere di lottare, pensare, difendersi e narcotizzarsi. Bisogna acuire i sensi, espandere le emozioni, aprire le porte della percezione. La chiave è il nostro cuore.

L'unica Verità è la Percezione, la Contemplazione del fenomeno dell'esistenza

L'unica Verità è la nostra capacità di provare emozioni. Gioia e lacrime, sofferenza e dolore, allegria e tristezza, delusione e riconoscimento. E' l'unica realtà che conosciamo, l'unico motivo della nostra esistenza carnale. La sola ragione per cui abbiamo un corpo, un'anima e un cuore.
Ecco il mio consiglio: non fuggite dalle vostre emozioni. Non cercate di dimenticare nell'alcol un amore perduto, non recatevi in India per colmare il vuoto della vostra vita, non realizzatevi nel lavoro per illudervi di dare un senso alla vostra esistenza. Fate l'esatto opposto: piangete, gridate, cantate, danzate. Lottate solo quando davvero serve. Lottate solo quando lottare significa mettersi in gioco, significa rischiare. Cercate le emozioni, il più possibile. L'unica lotta è quella contro voi stessi, la lotta per trovare il coraggio di essere felici.
E se i demoni vi attaccano, se il male colpisce a fondo, fate come me. Non reagite, ma concentratevi sul dolore, percepite la Bestia che è dentro voi ribellarsi. Godete di questa emozione, soffrite, ma non fuggite davanti al pericolo. Lasciate che gli altri infieriscano, lasciate che siano i vostri nemici ad uccidere la Bestia. Perché la vostra anima è eterna, lei no.
Questa è la mia scelta. Tra pochi minuti vedrò sorgere il sole, in quel momento assaporerò ogni sensazione, ogni minuscolo frammento di emozione. Mi concentrerò sul dolore della mia carne in sfacelo, sul crepitio delle fiamme che mi avvolgeranno, e sarò finalmente vivo. Perché gli insegnamenti della vita fanno sempre riferimento al presente. "Cogli l'Attimo" - si diceva una volta. Per questo motivo morirò adesso, in questo modo. Sono venuto al mondo per provare emozioni, non per fuggire. La luce del sole è l'unica emozione di cui sento la mancanza, inutile rimandare. Se adesso tornassi indietro, rischierei solo di riprendere a vivere in uno stato di torpore, rischiando di morire in un incidente o per errore. Mi priverei così dell'abbraccio della Luce. Morire adesso è l'unico modo per essere sicuro che godrò di questa esperienza. Questa è la più grande emozione che mi manca, l'unica sensazione che non conosco, è lo scopo della mia esistenza.
Fate altrettanto: cercate le emozioni che vi mancano, per quanto dolorose, affrontatele a pieno petto. Solo così darete un senso alla vostra vita, darete modo alla vostra anima di vibrare e godere dell'esistenza. Vivere narcotizzati, evitando la sofferenza, equivale a non vivere. Fuggire il dolore significa fuggire le emozioni, la vita stessa. Quando riuscirete a fare questo, avrete risolto ogni altro problema. Avrete aperto il canale del cuore, l'energia cosmica fluirà libera dalla vostra mente, scendendo dentro di voi e salendo verso il cielo. I pensieri diventeranno una cosa sola con le emozioni, la mente si unirà al cuore, al ventre, all'anima. Comprenderete l'Unità ultima di tutte le cose, vi fonderete al mondo. Sarete erba, uccello, bimbo e risata. Sarete Amore. Sarete portatori di Luce.
Eccolo. Vedo il primo raggio illuminare timidamente le nuvole arrossate. Adesso smetterò di scrivere e lascerò questa lettera, qui, in riva al mare, nelle mani del destino. Una busta persa nel vento, coperta di polvere, baciata dal sole e accarezzata dal vento. Come me.