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Maxwell, Szlizard, Landauer e Bennet: informazione ed energia

Giugno, 2022

Premessa

Il diavoletto di Maxwell è un dilemma della termodinamica vecchio di secoli. Fu ideato da Maxwell nel 1867 ed è rimasto senza soluzione per decenni, anzi, la questione è ancora in parte controversa: anche se la comunità scientifica ha ufficialmente risolto il dilemma, alcuni aspetti della soluzione sono tutt'ora sotto valutazione. Per motivi di brevità, qui affrontiamo la questione partendo da una delle prime definizioni operative del diavoletto di Maxwell, nota come il motore di Szilard, ideato nel 1929 [1] [2].

Disclaimer: a differenza della maggior parte dei contenuti divulgativi proposti sul sito, questi appunti affrontano l’argomento in maniera decisamente più tecnica, dando per assodata la conoscenza base dei principi della termodinamica, dell'elettronica, della meccanica razionale e della teoria dell'informazione.
Una versione estesa di questi appunti è disponibile qui.

Contenuti

Il motore di Szlizard

Maxwell ipotizzò che fosse possibile realizzare un “dispositivo” (che Maxwell descrisse allegoricamente come un diavoletto) talmente piccolo da poter vedere le singole molecole del sistema termodinamico, e abbastanza intelligente da azionare un meccanismo atto a selezionare tali molecole in base ad alcuni parametri (esempio: posizione o velocità). Così facendo sarebbe possibile diminuire l’entropia del sistema e produrre “energia gratis”.

Szilard ipotizzò una variante più semplice dell'esperimento, e quindi più facile da realizzare. Ciò ha permesso negli ultimi anni di dimostrare sperimentalmente la correttezza del modello di Szilard, realizzando in laboratorio micro dispositivi capaci di trasformare l'informazione in energia. Ma come funziona il motore di Szilard? Il dispositivo consiste di un contenitore microscopico che ospita una singola molecola, in equilibrio termico con l’ambiente circostante. Il contenitore è diviso concettualmente in due parti, che chiameremo “sinistra” e “destra”. Il “diavoletto” di Szilard potrebbe essere un sensore, o più semplicemente una valvola, o qualsiasi meccanismo in grado di “sapere” se la molecola si trova a destra o a sinistra. Una volta acquisita tale informazione il dispositivo fa scorrere un setto all’interno del contenitore, in modo da creare una specie di pistone. Se la molecola era a sinistra, quando essa cercherà di tornare verso destra (per normale agitazione termica) si avrà una spinta del pistone da sinistra a destra. Viceversa, se la molecola era a destra, la spinta sarà da destra a sinistra. Il motore di Szlizard è perciò definito come il sistema termodinamico costituito da tutti questi elementi: scatoletta, molecola, diavoletto e meccanismo setto-pistone.

motore di Szlizard Figura 1: il motore di Szlizard: misurazione (sinistra) ed estrazione di lavoro (destra)

A questo punto è normale che sorgano dei dubbi sul funzionamento del dispositivo. Proviamo a rispondere ad alcune delle domande più frequenti.

A cosa serve sapere se la spinta sarà verso destra o sinistra?

Per estrarre energia dal sistema dobbiamo capire come collegare il pistone al nostro “albero a motore” (o al generico utilizzatore dell’energia). Perciò, se il dispositivo è abbastanza intelligente da sapere dove si trova la molecola, esso può inserire il setto al momento opportuno e collegare il pistone in modo corretto. Questo permette, ad esempio, di sfruttare il movimento del pistone per sollevare un peso e compiere lavoro (Figura 1). Chiaramente, dopo avere sfruttato la spinta del pistone, il “diavoletto” rimuove il setto e il sistema è libero di tornare alle condizioni iniziali (equilibrio termico con l'ambiente). In questo modo è possibile estrarre energia ciclicamente, con un ciclo composto da 4 fasi: osservo la molecola, collego setto e pistone, estraggo lavoro dal pistone, rimuovo setto e pistone.

Ma muovere setto e pistone non consuma energia?

La risposta è “nì”: collegare setto e pistone può essere fatto senza consumare energia, anche se (per ragioni che vedremo in seguito) il dispositivo ha comunque bisogno di essere alimentato per funzionare. Per adesso limitiamoci a spiegare perché - in teoria - lo spostamento di setto e pistone non richiede energia. In fisica il lavoro è definito come il prodotto scalare dei vettori forza e spostamento. Perciò, fin tanto che setto e pistone si spostano su un “piano orizzontale”, senza che niente venga "sollevato" o "abbassato", è lecito supporre che il lavoro sia nullo. Ciò è vero solo in assenza di attriti, ed è per questo che diciamo in teoria.

In altre parole gli attriti non sono un limite fisico, ma tecnologico: con l’opportuna tecnologia, ovvero riducendo al minimo gli attriti, l'azionamento di setto e pistone potrebbe essere realizzato consumando energie trascurabili rispetto a quelle in gioco. E siccome qui stiamo discutendo dei limiti fisici del motore di Szlizard, e non quelli tecnologici, possiamo ragionare ignorando il contributo degli attriti.

Quanta energia si può ricavare dal motore di Szlizard?

Per rispondere a questa domanda si ricorre al concetto di energia libera, che per definizione rappresenta proprio la massima quantità di lavoro ottenibile da un certo sistema (in relazione al suo ambiente). La variazione di energia libera F per un processo A → B è definita come:

WAB ≤ ΔFAB = ΔEAB – T∙ΔSAB

dove, a seconda dei vincoli ambientali, E rappresenta l'energia interna U del sistema (formula di Helmholtz) oppure l'entalpia H del sistema (formula di Gibbs). In questo contesto non ci interessa discutere la natura dell'energia E, perché l'azione del "diavoletto" ha come unico effetto una diminuzione di entropia, per cui la variazione di energia ΔEAB è nulla o trascurabile. La quantità di lavoro ottenibile è quindi:

WAB ≤ ΔFAB = – T∙ΔSAB ≤ T∙|ΔSAB|

siccome l'acquisizione di informazione sul sistema significa conoscere il suo microstato, il fatto di sapere se le molecola si trova a destra o sinistra implica una diminuzione di entropia (ΔSAB ≤ 0), per cui il lavoro WAB è positivo e limitato dal valore T∙|ΔSAB|. La quantità |ΔSAB| è facilmente calcolabile ricordando le formula di Gibbs per l'entropia, da cui si ottiene (se b è la base dell'entropia di Shannon):

ΔSAB = - kB Pw∙logb(Pw) = - kB ∙ logb(Pw) = - kB ∙ logb(1/2) = kB ∙logb(2)

questo perché tutti e due microstati del sistema (“destra” o “sinistra”) sono equiprobabili, per cui la probabilità Pw vale ½ per entrambi. Scegliendo b = e (numero di Nepero) si ha quindi:

Wmax ≤ T∙kB∙ln(2)

Da dove arriva l'energia del motore di Szlizard?

Applicando le leggi della meccanica classica alla molecola ci si aspetta che dopo l'urto col pistone la velocità della molecola diminuisca, per cui la temperatura del sistema decresce. Tale diminuzione della temperatura, e quindi dell'energia interna del sistema, avviene dopo l'estrazione di lavoro, cioè in seguito all'interazione molecola-pistone (durante le prime fasi del ciclo - osservazione della molecola e posizionamento di setto e pistone - si ha solo una riduzione dell'entropia). Siccome il sistema è immerso in un bagno a temperatura fissata T (per costruzione), è lecito assumere che a fine ciclo il sistema torni all'equilibrio termico, per cui la molecola “recupera” la medesima velocità che aveva prima dell'urto. Da questo punto di vista si può pensare che l'energia estratta dal dispositivo sia presa dall'ambiente. In particolare, se questo fosse l'unico processo in gioco, a lungo andare l'ambiente dovrebbe raffreddarsi.

Ne segue che il motore di Szlizard non mette in discussione la conservazione dell'energia. Infatti dal punto di vista energetico è perfettamente lecito raffreddare l'ambiente per scaldare il sistema, perché l'energia globale dell'universo (sistema più ambiente) si conserva. Un fenomeno di questo tipo viola (apparentemente) solo il II° principio della termodinamica.

Il motore di Szlizard viola il II° principio della termodinamica?

Proviamo a dare fiducia al II° principio della termodinamica, cioè ragioniamo assumendo che esso sia rispettato. Allora, se il “diavoletto” è in grado di diminuire l'entropia del sistema (di cui fa parte) l'entropia totale dell'universo deve aumentare proprio in virtù del II° principio. Quindi, se durante il processo di misurazione (inteso come l'insieme di: osservazione, gestione dell'informazione e posizionamento del pistone) si ha ΔSSIS ≤ 0, allora deve essere ΔSAMB ≥ 0, con |ΔSAMB| ≥ |ΔSSIS|, cioè

ΔSTOT = ΔSSIS + ΔSAMB ≥ 0

L'unico dubbio, a questo punto, è capire perché l'entropia dell'ambiente aumenta a causa dell'operazione di misura: chiariremo questo punto più avanti. Per il momento ci interessa notare che, se assumiamo che a fine ciclo si abbia ΔSTOT ≥ 0, tale aumento di entropia ΔSAMB potrebbe corrispondere ad una cessione di calore verso l'ambiente, che a lungo andare dovrebbe scaldarsi. Ma poco fa abbiamo detto che il motore di Szlizard funziona sottraendo energia dell'ambiente, il quale dovrebbe raffreddarsi. Questa apparente contraddizione conduce alla prossima domanda.

Se l'energia prodotta dal motore è presa dall'ambiente, ma la misurazione tende a scaldare l'ambiente, quest'ultimo si scalda o si raffredda?

La risposta è “dipende”. Iniziamo con l'analizzare il caso in cui la gestione dell'informazione sia un processo reversibile. Durante la fase di misurazione il dispositivo acquisisce informazione sul sistema, per cui l'entropia della “scatoletta” diminuisce della quantità ΔSSIS = - kB∙ln(2). Perciò, assumendo valido il II° principio, durante la fase di misura il sistema cede il calore:

|QSIS |= T∙ |ΔSSIS| = T∙kB∙ln(2)

siccome il processo è reversibile si avrà |ΔSAMB| = |ΔSSIS|, da cui

|QAMB| = |QSIS| = T∙kB∙ln(2)

Perciò, se il processo di misura è reversibile, a fine ciclo il bilancio del calore è in pari, ovvero |QAMB| = |QSIS|, per cui l'ambiente non si scalda né raffredda: tutto il calore che cediamo all'ambiente durante la fase di misura viene restituito al sistema a fine ciclo, quando la molecola torna all'equilibrio termico con l'ambiente. Questo bilancio calorico potrebbe far pensare che il lavoro ottenuto sia "gratis", ovvero che un motore ideale (funzionante con processi reversibili) possa generare energia dal nulla. Purtroppo questo non è vero nemmeno a livello teorico, perché come vedremo in seguito, la gestione dell'informazione sul sistema richiede una quantità energia pari almeno a quella ottenuta.

Se consideriamo invece un processo di misura irreversibile, allora nulla si può dire sul calore. Infatti la disuguaglianza di Clausius ci dice solo che vale QAMB ≤ T∙ΔSAMB, ma siccome ΔSAMB può essere “grande a piacere” (se il processo è irreversibile si ha |ΔSAMB| ≥ |ΔSSIS|), allora sapere che vale QAMB ≤ T∙ΔSAMB non fornisce informazioni su QAMB. Infatti la relazione tra calore ed entropia non è simmetrica: un aumento di calore implica sempre un aumento di entropia, ma non viceversa: pur sapendo che durante la misura l'entropia del sistema diminuisce di ΔSSIS = - kB∙ln(2), l'eventuale quantità di calore scambiata dipende da come funziona il sistema.

Esempio 1: consideriamo un dispositivo che memorizza l'informazione su un supporto digitale (ad esempio un hard-disk) che non viene cancellato, ma “scartato” nell'ambiente (sistema aperto). In tal caso l'entropia ΔSSIS sottratta al sistema durante la misurazione viene “trasferita” dal sistema all'ambiente sotto forma di entropia di Shannon (informazione). Non si avrebbe perciò alcuna cessione di calore all'ambiente, che tenderebbe a raffreddarsi su lungo periodo. Infatti il II° principio della termodinamica impone solo che si abbia ΔSTOT > 0, senza richiedere che vi sia scambio di calore (esempio: processo adiabatico irreversibile).

Nota: prima di "scartare" l'informazione, l'entropia del sistema aumenta perché acquisisce informazione. Infatti l'entropia totale del sistema è pari da SG + SK, dove SG è l'entropia di Shannon, mentre SK è l'entropia della “memoria” del sistema (entropia di Kolmogorov). Quindi, anche se l'informazione non venisse mai scartata, il II° principio sarebbe comunque rispettato. Un esperimento di tipo questo tipo è stato ipotizzato da Schaller, e poi verificato dal team di Fujiwara.

Esempio 2: consideriamo un dispositivo reale e autonomo, ovvero in grado di gestire l'informazione e poi cancellarla, in modo da tornare sempre nelle stesse condizioni iniziali (sistema chiuso). Sapendo che nel caso di un dispositivo ideale (reversibile) l'operazione di misura genera il calore |QAMB| = T∙kB∙ln(2), è lecito suppore che un dispositivo reale disperderà più calore di quello ideale, ovvero:

|QAMB|misura ≥ |QREV| = T∙kB∙ln(2)

In tal caso l'ambiente riceve calore durante la fase di misurazione, mentre nella successiva fase di estrazione dell'energia (spinta sul pistone) si ottiene dal sistema il lavoro W ≤ T∙kB∙ln(2). Se applichiamo il I° principio della termodinamica al solo processo di estrazione (spostamento del pistone + ritorno alle condizioni iniziali) alla fine di questa fase si ha ΔU = 0 (equilibrio termico con l'ambiente) e quindi |Q| = W, per cui:

|QAMB|produzione = W ≤ T∙kB∙ln(2)

da cui si ottiene:

|QAMB|produzione ≤ T∙kB∙ln(2) ≤ |QAMB|misura

quindi durante la fase di misura l'ambiente riceve tendenzialmente più calore di quello che cede nella fase di produzione (spostamento del pistone), per cui l'ambiente tenderà a scaldarsi.

Esempio 3: consideriamo lo stesso scenario dell'esempio precedente, ma introduciamo alcuni valori sperimentali. Nell'esperimento di Cilimberto la gestione di 1 bit di informazione genera il calore QAMB = 1,3∙T∙kB [3] [14]. Se in questo scenario si riuscisse a generare il lavoro massimo teorico, ovvero si avesse W = T∙kB∙ln(2) ≈ 0,7∙T∙kB, si avrebbe il rendimento:

η = W / QAMB ≈ 54%

siccome il dispositivo di estrazione di lavoro non è una macchina termica, il suo rendimento non è limitato da quello della macchina ideale di Carnot. Infatti, se tutti i processi coinvolti fossero reversibili, si avrebbe un rendimento del 100% (e l'ambiente non si scalda né raffredda).

In conclusione, a fine ciclo si ha QAMB = 0 solo per un dispositivo ideale (reversibile), con un rendimento del 100%. In tutti gli altri casi (dispositivo reale e processi irreversibili) si ha un rendimento inferiore, per cui l'ambiente andrà scaldandosi: il calore ceduto all'ambiente rappresenta proprio la parte di energia sprecata (perché il rendimento è inferiore al 100%). Questi aspetti saranno più chiari quando discuteremo il principio di Landauer, il quale spiega perché il motore di Szlizard non può né generare più energia di quella richiesta per gestire l'informazione (necessaria al suo funzionamento), né raffreddare l'ambiente in cui si trova.

Entropia come informazione

Per comprendere il funzionamento del motore di Szlizard è utile chiarire il rapporto tra entropia e informazione. L’equivalenza tra l’entropia termodinamica classica (definizione di Clausius) e quella di Shannon è già discussa altrove.

Qui ricordiamo solo che tale equivalenza vale fin tanto che l’entropia termodinamica è esprimibile tramite la formula di Gibbs, ovvero quando la distribuzione dei microstati del sistema è descritta dalla distibuzione di Boltzmann. Siccome quest’ultima ipotesi è sempre verificata nell’ambito dei sistemi termodinamici classici (come quelli descritti in questi appunti) d’ora in poi considereremo assodata la corrispondenza tra entropia di Gibbs, Clausius e Shannon.

L’unica eventuale differenza tra queste definizioni è attribuibile alla scelta dell’unità di misura, in particolare alla base del logaritmo con cui si decide di calcolare le probabilità dei microstati. Ad esempio, se si sceglie come base b il numero 2, allora l'entropia di Shannon viene misurata in bits e la formula di Gibbs permette di scrivere:

S = - kB Pw∙logb(Pw) = - kB∙ln(2) ∙ Pw∙log2(Pw) = - kB∙ln(2)∙H

dove H è l'entropia di Shannon. Quest'ultima è esattamente l'espressione che abbiamo usato per stimare la quantità massima di energia estraibile dal motore di Szlizard.

Una volta chiarito il legame tra entropia e informazione, possiamo formulare in maniera più precisa la domanda che abbiamo lasciato senza risposta:

Perché l'entropia dell'ambiente aumenta quando il dispositivo misura la posizione della molecola?
In altre parole: quale è il fenomeno per cui la gestione dell'informazione sul sistema provoca un aumento di entropia nell'ambiente?

Questa domanda è rimasta senza risposta fino al 1961, quando Rolf Landauer enunciò un principio che permise (nel 1982) a Charles Bennet di risolvere il problema.

Il principio di Landauer

Il principio di Landauer afferma che, nell'ambito della termodinamica computazionale, sia impossibile cancellare informazione senza aumentare l'entropia. In particolare, la formulazione forte del principio impone che per cancellare un singolo bit di informazione è necessario che l'entropia totale aumenti almeno della quantità:

(I)ΔS ≥ kB∙ln(2)

Un modo di spiegare il fenomeno consiste nel mettere a confronto i processi termodinamici e quelli computazionali. In termodinamica solo i processi reversibili sono in grado di lasciare inalterata l'entropia, mentre i processi irreversibili causano sempre un aumento dell'entropia. Poiché l'entropia è un caso particolare di informazione, è ragionevole che ciò valga anche per i processi computazionali, ovvero: se un processo computazionale è irreversibile, allora ha senso aspettarsi un aumento di entropia. Una dimostrazione del principio di Landauer è disponibile negli appunti riportati in bibliografia [17].

Solitamente il principio di Landauer viene formulato dicendo che la cancellazione di informazione richiede una certa energia, o un certo rilascio di calore. A rigore questi sono casi particolari, perché la formulazione debole del principio impone solo che ci sia un costo di qualche tipo, che potrebbe essere un aumento di entropia, un surriscaldamento o qualsiasi altra cosa, ovvero:

Formulazione debole del principio di Landauer: è impossibile realizzare una qualsiasi trasformazione il cui unico risultato sia la cancellazione di informazione

Demon

Tornando al motore di Szlizard, il principio di Landauer risponde alla domanda che abbiamo lasciato in sospeso, ovvero: perché l'entropia dell'ambiente aumenta quando il “diavoletto” misura la posizione della molecola? Per decenni si è creduto che fosse necessario spendere energia per raccogliere informazioni, e quindi aumentare l'entropia “da un'altra parte”. Ma il calcolo computazionale reversibile dimostra che è possibile elaborare informazioni in modo reversibile, cioè senza aumentare l'entropia (vedasi tecnologie come le porte CNOT, o il Toffoli gate). Perciò è possibile realizzare in laboratorio un motore di Szlizard che raccolga informazioni sulla molecola senza aumentare l'entropia, anzi: teoricamente senza neppure spendere energia. Ma prima o poi il “diavoletto” finirà con l'esaurire la memoria dove scrive le informazioni acquisite e dovrà cancellarla per continuare ad operare. E' in questa fase che entra in gioco il principio di Landauer, cioè che si paga il “costo” dell'informazione acquisita. In particolare, nel caso del motore di Szlizard, il principio di Landauer prevede che cancellare un bit richieda un aumento di entropia ΔS ≥ kB∙ln(2), che è esattamente la quantità richiesta per far tornare i conti. Questo risponde alla domanda lasciata in sospeso:

Domanda: quale è il fenomeno per cui la gestione dell'informazione sul sistema provoca un aumento di entropia nell'ambiente?

Risposta: la cancellazione dell'informazione acquisita in precedenza.

Per quanto appena detto, la comprensione del principio di Landauer è cruciale per risolvere il dilemma del diavoletto di Maxwell. Chi volesse capire a fondo le giustificazioni matematiche del principio può consultare gli appunti in bibliografia [17]. Per la verifica sperimentale del principio rimandiamo invece all'esperimento di Ciliberto del 2015 [3] [14].

Conservazione dell'energia

Una volta chiarito perché raccogliere informazioni sulla posizione delle molecola implica un costo in entropia, possiamo entrare nel dettaglio della questione energetica.

Iniziamo col ricordare che la formulazione classica del II° principio della termodinamica vale solo a livello macroscopico. A livello microscopico è teoricamente possibile che - per un breve istante - l’entropia diminuisca in seguito di una fluttuazione casuale (agitazione termica).

Su scala macroscopica ciò non avviene esclusivamente per ragioni statistiche, dato che il numero di microstati che permettono un aumento di entropia è molto maggiore di quelli che farebbero diminuire l’entropia, per cui il sistema evolve semplicemente a caso, verso gli stati più probabili. Ciò significa che, quando si lavora su scala microscopica o con N molto piccolo (cioè con sistemi di poche particelle) è possibile assistere a temporanee diminuzioni dell’entropia. Questo spiega perché, monitorando i parametri microscopici del sistema, cioè sapendo “quando” e “dove” è diminuita l’entropia, è possibile “cogliere il momento” per estrarre l’energia libera che si è resa momentaneamente disponibile (come avviene nel motore di Szlizard). Non vi è nulla di magico in ciò, poiché il costo di cancellazione dell’informazione acquisita sarà sempre maggiore o uguale all’energia prodotta. Da questo punto di vista, il supporto su cui viene memorizzata l’informazione può essere pensato come il “combustibile” dei motori di Maxwell e Szlizard. Così come il motore di un'autovettura consuma benzina per produrre lavoro, il motore si Szlizard consuma spazio di memorizzazione.

Si potrebbe pensare che se il “diavoletto” non cancellasse mai l'informazione, ad esempio accumulando quintali di hard-disk pieni di dati obsoleti, esso potrebbe "aggirare" le leggi della fisica. Un ragionamento di questo tipo è errato per diversi motivi:

  • In termodinamica è fondamentale stabilire i confini tra sistema e ambiente. Siccome il diavoletto di Maxwell fa parte del sistema, esso deve essere includere tutti i dispositivi necessari (misurazione, memoria, parete mobile ecc.). Quindi avanzare ipotesi del tipo "scrivo su degli hard-disk che non cancellerò mai" è ammissibile solo se tutti gli hard-disk vergini sono già in possesso del diavoletto, e tutti quelli cancellati sono conservati nel "cestino" del diavoletto. In questo scenario il diavoletto dovrebbe includere anche una fabbrica di costruzione di hard-disk, la quale richiederebbe energia e materie prime che andrebbero prese dall'ambiente: tutti questi processi (alimentazione di energia, fornitura di materiali ecc.) vanno inclusi nel bilancio energetico del motore
  • Il bilancio energetico di un motore va fatto dopo un ciclo completo, altrimenti è normale trovare risultati errati. Per definizione un “ciclo” è un processo che riporta il sistema nelle condizioni iniziali. Quindi, se all'inizio di un ciclo il diavoletto ha una certa temperatura, alcuni kB di RAM libera e altri kB di RAM occupata, a fine ciclo esso deve tornare esattamente nelle condizioni iniziali. Perciò un ragionamento del tipo “estraggo energia in modo ciclico senza mai cancellare informazione” è una sorta di ossimoro: se a fine processo la memoria RAM occupata del diavoletto è aumentata, in realtà il diavoletto non è tornato nelle condizioni iniziali, e quindi il processo non è ciclico
danza-macabra

Danzando col diavolo

Ora che abbiamo approfondito gli aspetti matematici del motore di Szlizard, vediamo come esso è stato realizzato nella realtà. Oltre a confermare la teoria discussa finora, queste verifiche sperimentali suggeriscono anche l'introduzione di nuovi modelli teorici.

Pratica

Descriviamo brevemente alcuni degli esperimenti più significativi degli ultimi anni:

Raizen (06/03/2008): il dispositivo di Raizen consiste in una buca di potenziale in cui si muovono alcuni atomi. Spostando in modo opportuno una barriera mobile si ottiene una variazione di entropia ΔSSYS < 0. Durante tale processo dell'energia viene “prestata” e poi “ripresa” dagli atomi (per cui ΔU = 0), ma nel momento in cui un atomo rende tale energia esso emette un fotone che trasporta l'informazione “qui un atomo è stato ordinato”. Raizen ha verificato sperimentalmente che l'informazione portata da questi fotoni è associata ad aumento dell'entropia ΔSAMB tale che |ΔSAMB| > |ΔSSYS|. L'esperimento conferma che, sebbene sia possibile usare l'informazione per diminuire l'entropia, il costo in entropia del processo “computazionale” è comunque maggiore della riduzione dell'entropia del sistema [8].

Sano (14/11/2010): l'esperimento di Tokio richiede di monitorare i movimenti browniani di una particella attraverso un potenziale a gradini. Ogni volta che la misurazione indica che la particella sale di un gradino per agitazione termica, il potenziale viene aggiustato in modo da creare una barriera che impedisce alla particella di scendere. Il dispositivo in pratica converte l'informazione (ottenuta osservando la particella) in lavoro (fatto contro la barriera di potenziale) [9].

Ciliberto (2015): il dispositivo di Ciliberto (ENS) è formato da una particella colloidale posizionata in una doppia buca di potenziale (figura 2), per cui essa può occupare la buca di sinistra o quella di destra (1 bit di informazione). Modulando il campo elettrico è possibile ridurre il setto di separazione tra le buche: a quel punto, “inclinando” leggermente il potenziale si sposta la particella nella buca di destra. Durante tale processo la forza esterna compie un lavoro positivo, dopodiché il campo viene rimodulato ai valori iniziali. Alla fine del processo, qualsiasi fosse la posizione iniziale dell'elettrone (sinistra o destra), esso occuperà la posizione di destra, il che implica la perdita di informazione (ovvero “cancellazione”). Il gruppo di Ciliberto ha verificato che nel processo si aveva <WCANC> = <QCANC>, e che il lavoro WCANC richiesto dall'operazione di “cancellazione” tende asintoticamente al limite di Landauer, cioè a T∙kB∙ln(2). In particolare, per tempi di cancellazione opportunamente lunghi (Δt > 20 s), si ottiene <WCANC> ≈ T∙kB∙ln(2) [3] [14]

Ciliberto Figura 2: Buca di potenziale (sinistra) e lavoro medio di cancellazione di 1 bit (destra)

Schaller, Fujiwara (2017): il modello proposto dall'università di Berlino (Schaller, Esposito) consiste in due semiconduttori microscopici, accoppiati tra loro in modo che il secondo dispositivo funga da diavoletto, ovvero controlli lo stato del primo dispositivo mediante una sorta di “retroazione positiva” (feedback controlled single-electron transistor). In tal modo l'informazione non viene mai memorizzata, ma “usata al volo” e poi “dispersa” sfruttando effetti quantici tipici degli stati lontani dall'equilibrio. Il team di Fujiwara (Giappone, NTT) ha realizzato il modello in laboratorio, verificando che siccome non è necessario cancellare informazione, in questo caso non serve invocare il principio di Landauer per far tornare i conti. Infatti il calore dissipato dal secondo semiconduttore (il diavoletto) è sempre maggiore della corrispondente diminuzione di entropia operata dal meccanismo di feedback, come richiesto dal II° principio della termodinamica [11]

Chida, Desai, Nishiguchi, Fujiwara (2017): un altro prototipo realizzato dal gruppo giapponese è costituito da un piccolo contenitore (SEB, Single Electron Box) in cui transitano poche decine di elettroni. Il contenitore è situato tra due transistor: G1 (a sinistra) e G2 (a destra). A inizio ciclo G1 è aperto mentre G2 è chiuso, per cui gli elettroni possono entrare nella SEB (per agitazione termica) solo da sinistra. Nell'istante in cui all'interno della SEB si raggiunge un incremento di elettroni Δn (maggiore di una certa soglia) si chiude G1 e si apre G2. Ciò permette agli elettroni “catturati” di attraversare G2 (sempre per agitazione termica) muovendosi verso desta, generando una corrente elettrica. Se ai capi dei transistor G1 e G2 è applicato un potenziale elettrico, muovere gli elettroni contro tale potenziale significa ottenere lavoro. L'energia estratta è ovviamente molto piccola (pochi zeptoWatt, ovvero 10-21 Watt) [12]

Teoria

Secondo Sagawa e Ueda (equipe di Tokio) la definizione di energia libera, ovvero WMAX ≤ ΔE – T∙ΔS, potrebbe essere estesa esplicando il termine dell'entropia attribuito all'informazione, in pratica scrivendo STOT = STER + SINF, o più brevemente STOT = S + kB∙H, dove S = STER è l'entropia termodinamica, H quella di Shannon [10]. Questo approccio permette di analizzare il motore di Szlizard anche quando l'informazione non è gestita dal diavoletto stesso, ma è delegata ad un meccanismo esterno al sistema.

In tal caso il termine SINF = kB∙H non fa parte della STOT del sistema, ma rappresenta invece l'entropia dovuta all'informazione sul sistema (memorizzata altrove). Per questo motivo si usa la lettera I per identificare la muta informazione, cioè l'informazione acquisita sul sistema, e si pone per convenzione ΔI = - ΔH. Infatti, se l'entropia del sistema diminuisce (ΔH < 0) significa che si è acquisita informazione sul sistema (ΔI > 0), per cui si scrive:

(II) WMAX ≤ ΔE – T∙Δ(S + kB∙H) = ΔE – T∙ΔS + kB∙T∙ΔI

Da questo ragionamento seguirebbe che il massimo rendimento di una macchina termica sarebbe dato dall'espressione:

(III)η = 1 – (Tf/Tc) + kB∙ΔI/Qc

da cui seguirebbe:

(IV)WMAX <= η∙Qc = Qc∙(1 – (Tf/Tc)) + kB∙ΔI

Perciò, applicando un opportuno feedback (cioè l'informazione acquisita) ad un motore termico è possibile estrarre lavoro anche nel caso Tf = Tc , operazione ritenuta impossibile nella termodinamica classica. Questo è proprio ciò che avviene nel motore di Szlizard, perché il sistema scambia calore con una sola sorgente (l'ambiente).

Efficienza

Il modello teorico di Sagawa può essere usato per valutare l'efficienza del motore di Szlizard. Prendiamo ad esempio l'esperimento di Fujiwara del 2017 [12], dove un ridotto numero di elettroni n viene fatto transitare dentro una “scatoletta” (SEB: Single Electron Box), producendo lavoro contro una differenza di potenziale VD. In tal caso I è la mutua informazione sul sistema (cioè l'informazione sulla variazione Δn di elettroni nella SEB). Allora l'espressione II suggerisce che il lavoro WINF proveniente dalla sola informazione sia kB∙T∙ΔI, per cui ha senso definire l'efficienza della conversione informazione-energia come:

(V) ηINF = <ΔF>/ WINF = <ΔF> / (kB∙T∙ΔI)

dove <ΔF> è la media delle variazioni di energia libera su diverse misure (nelle stesse condizioni). Tale ΔF si calcola osservando che durante una singola misura nella SEB transitano Δn elettroni, per cui si ha ΔF = Δn∙e∙VD. Se la stessa misura viene ripetuta NMIS volte, l'espressione V diventa:

(VI) ηINF = <Δn>∙e∙VD/(kB∙T∙ΔI∙NMIS)

nell'esperimento di Fujiwara l'efficienza massima è risultata dal 18%, in corrispondenza di una tensione di lavoro VD = 34 mV. Si tratta chiaramente di un valore poco soddisfacente, ma miniaturizzando maggiormente il dispositivo è lecito sperare che in futuro si possano ottenere risultati migliori.

Nota: il concetto di “efficienza” entra in gioco anche nel contesto del principio di Landauer. Nell'esperimento di Ciliberto si è riusciti ad abbassare il costo di cancellazione di 1 singolo bit al limite di Landauer, anzi: per alcune misure si è addirittura ottenuto WCANC < T∙kB∙ln(2) [3] [14]. Ciò si spiega proprio in termini di efficienza del processo di cancellazione: se l'operazione di cancellazione non è perfetta, ovvero non avviene il 100% delle volte, allora la media <WCANC> su N misure può essere minore di T∙kB∙ln(2), perché di fatto non siamo sicuri che la cancellazione abbia avuto luogo. Perciò, se si accetta che il processo di cancellazione sia impreciso, è possibile cancellare un bit spendendo un'energia inferiore di T∙kB∙ln(2). Ciò ricorda il caso dell'esperimento dei fori di Young, dove il “costo” dell'informazione relativa a quale fenditura attraversa il fotone si paga proprio con la distruzione del fenomeno di interferenza (limite del principio di indeterminazione di Heisemberg).

Conclusioni

Il principale vantaggio del motore di Szilzard è ottenere energia da un sorgente termica senza la necessità di avere Tcalda >> Tfredda, cioè di estrarre energia direttamente dall'ambiente. Inoltre, siccome il limite all'efficienza dei motori termici è dato dal rendimento di una macchina ideale di Carnot, ovvero:

η = 1 – (Tf/Tc)

ne segue che il motore di Szilzard potrebbe permettere di raggiungere efficienze migliori, sfruttando l'informazione acquisita per migliorare il rendimento, proprio come suggerito dall'espressione III di Sagawa e Ueda, ovvero:

η = 1 – (Tf/Tc) + kB∙ΔI/Qc

Purtroppo, siccome il motore di Szlizard si basa sulla misurazione di tutte le particelle del sistema, ad oggi è impossibile realizzarlo su scala macroscopica, perché ciò significherebbe monitorare un'enorme quantità di informazione. Ad esempio, poiché una mole di sostanza contiene 6∙1023 molecole (ad esempio: 18 grammi d'acqua), ne segue che persino un motore di pochi grammi richiederebbe milioni di teraByte per descrivere la posizione di ogni singola molecola (assumendo solo 1 grado di libertà, e usando solo 1 bit per molecola). Questo è il motivo per cui la sperimentazione viene svolta su scala microscopica, dove il numero di particelle in gioco è molto piccolo (poche centinaia di elettroni).

Concludiamo osservando che il motore di Szlizard (o meglio di Maxwell-Szlizard) può essere pensato come un caso di retroazione di un componente elettronico. Infatti il meccanismo di retroazione consiste nel riportare in ingresso una parte del segnale di uscita, solitamente allo scopo di stabilizzare il segnale (retroazione negativa). Nel caso del motore di Szlizard il “segnale di uscita” è l'informazione sulla posizione della particella, mentre il meccanismo di retroazione è il diavoletto stesso. Infatti il diavoletto prende tale “segnale di uscita” (l'informazione) e lo usa per condizionare il funzionamento del sistema, modificando il suo “input” (cioè le forze che agiscono sulla particella). Da questo punto di vista il motore di Szlizard non è molto diverso da un amplificatore a transistor, la cui stabilità è garantita proprio dal meccanismo di retroazione negativa. Ad esempio, nel caso dell'esperimento di Fujiwara [12], la produzione di corrente può essere interpretata come il risultato di un processo di rettificazione del rumore elettronico di fondo, ottenuto mediante un opportuno feedback.

Perciò, poiché la retroazione serve principalmente a stabilizzare il segnale e migliorare le prestazioni (riducendo gli sprechi), il motore di Szlizard è semplicemente un modo ingegnoso di realizzare micro-motori più efficienti di quelli macroscopici. In ciò non vi è nulla di magico: l'entropia aumenta in virtù del principio di Landauer, e l'energia è conservata in tutti i casi. Persino nello scenario (teoricamente possibile) in cui l'energia viene sottratta all'ambiente, facendolo raffreddare a lungo termine, tutto torna. Infatti l'entropia sottratta al sistema (durante il processo di misura) viene trasferita altrove (esempio: dispositivo di memoria esterno al sistema), per cui il II° principio della termodinamica è comunque rispettato.