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Adele

Fuori faceva caldo. Il caldo perfetto per il piacere estivo, l'ozio, l'acqua del frigo, lo stormire delle foglie. Quel caldo che avvolge, ammalia, seduce. Poi a sorpresa ti vomita. Ti respinge, tende ad occupare il tuo spazio, sudato e ingombrante.
Un'ottima descrizione dell'esperienza di Adele. Era stata vomitata fuori.
Per quattro anni aveva posseduto quel corpo, aveva dormito con lui, si erano amati. Almeno da un punto di vista. Ed oggi, all'ombra del soffitto bianco, lui l'aveva scaricata.
Forse scaricare non era il termine adatto, pensò Adele. Lo guardava ancora, steso sul letto, nudo nel piacere del riposo proibito. Dopotutto non erano stati amanti, il loro non era nemmeno amore, tenerezza, sesso o altro. Era una semplice possessione. Le era stato assegnato lui.
Non è che ti affezioni alla vittima, non avrebbe senso, pensava passeggiando attorno al giovane addormentato. E' che ti affezioni alla sua vita, un'infatuazione involontaria, passiva.
Iniziò a ricomporsi. Fine del lavoro, fine del giochino, quattro anni sprecati a far sprecare una vita.
Quello era stato il suo compito, il suo dovere. Regalare gioia spirituale, colmare tramonti solitari in riva al mare, apparire improvvisa sulla vetta di un monte, scivolare nel tepore della vasca da bagno. E lui, per quattro anni, aveva goduto appagato di questa droga. La droga più pericolosa del mondo, annichilante come il vero nome dell'Essenza Divina. Il Tutto. Dio.
Enthusiasmos.
Il ricordo delle fiamme graffiò i meandri più reconditi della sua anima. Stava tornando a casa. Restavano poche ore, il sole ponderava di tramontare, Adele iniziava già ad avere nostalgia del mondo. Assurdo, pensò allargando un sorriso. Nostalgia del tempo perso. Melanconia del nulla.
Saltò sul davanzale, spalle verso il cortile. Fuori le macchie d'ombra del noce ondeggiavano sull'asfalto, gareggiando col vento. Qualche cicala giocava pigramente, e chiassosamente, a nascondino con le altre cicale. Avrebbe sentito la mancanza anche di questo. Bella la vita.
Decise di concentrarsi sul ragazzo. Era sopratutto dei suoi drammi che avrebbe sentito la mancanza. Del tormento puro dell'anima, senza bisogno di forconi, fruste e olio bollente. Un'anima umana che soffre, piange, si lacera da sé. Masochismo, vittimismo, martirio o santità non faceva differenza per Adele.
- Bene - disse quasi ad alta voce saltando giù dal davanzale - Aggrappiamoci ai ricordi.
Saltò nella stanza e si diresse alla libreria. Lettere, documenti, poesie, articoli di giornale: appena lo strato superiore di un altro strato. Sopra c'erano candele, incensi, mirra, argento e una tazzina di sakè.
Una modesta impalcatura di legno non lavorato, cinta da catene ai lati, formava una libreria di appena quattro scaffali, larga meno di un metro ed alta altrettanto. L'esempio perfetto di una libreria essenziale.
Quattro scaffali, quattro anni, pensò Adele inginocchiandosi: iniziamo dal terzo.
Nell'afa del pomeriggio la sua mano apparve sfumata, eterea, translucida. Arraffò un diario, aprì una pagina a caso ed iniziò a leggere.

13 Luglio 2003

Ieri notte Asia ha dormito da me. Abbiamo svolazzato agilmente tra i precipizi del "dove dormo?" e "quello è un divano letto", sorvolando sui ponti dei nostri sguardi, fieri interrogativi in bilico sul baratro. Poi, stamattina, le ho fatto un massaggio. Non il meglio del meglio, ma comunque mi sono impegnato ben oltre la norma. Lei ha apprezzato. Allora il mio diavoletto interiore ha apprezzato il suo apprezzamento.
Le mani ondeggiavano spugnose sul tatuaggio, appena sopra le natiche, scorrendo discrete sui bordi degli slip. In tutti questi casi, nella mia vita, avevo fatto all'amore. Forse non tutti, lo ammetto, diciamo quasi sempre. E con Asia sono quasi cinque anni, da quella volta. Dal nostro breve bacio, assaggio di un calice mai bevuto. Siamo tornati indietro e andati lontano, ci siamo persi di vista, odiati, ignorati, incompresi e poi ritrovati. E stamattina lei era qui, sul mio letto.
Forse avrei dovuto lasciar scorrere il mio desiderio, forse ci saremmo potuti amare. Non ha importanza se per una volta sola, una settimana o una vita. La mente non può controllare tutto, la nostra volontà è null'altro che una goccia nell'oceano.
Quando puoi Vivere, dovresti vivere. E' invece io non lo faccio.
E se fossi malato? Un santo votato all'amore puro, dilaniato dall'impossibile sfida di adeguarsi alla società? Ecco la mia malattia: mi ripeto che dovrei essere uomo, quel giusto egoista, un po' succube del desiderio, insomma umano.
Incoerente, fallace, volubile, libero di sbagliare. Ma non ci riesco.


Adele era lì quel giorno, attenta e indaffarata. A sussurrare nell'orecchio il richiamo del mare, del prato solitario, le carezze delle foglie sotto i palmi aperti. A paventare apparizioni divine, gioia mistica, il benessere dello Yoga. Ad allattare il senso del dovere per rubare a quest'uomo una mattina di passione. Una probabile moglie, una famiglia felice, bambini tatuati che corrono a piedi nudi nell'orto.
Sfumati tutti nell'oblio con un sussurro. Avrebbe avuto nostalgia anche di questo.
Essere lì, vedere due corpi toccarsi, avvinghiarsi, intuire le reazioni chimiche, opera indiscutibile di Dio, vederle quasi scattare fulminee a solleticare centri nervosi, aprire i canali e fondere le anime. Essere lì per fermare tutto questo, per impedirlo.
Incatenare un uomo, un pezzo consapevole di carne ed ossa, rubargli i pensieri e la volontà per trasformarlo in una marionetta. Chi poteva aver voluto tutto questo?
Da quanto aveva visto, poteva davvero essere un caso esemplare di punizione divina. Sarebbe sconvolgente, pensò riponendo il diario. La questione non è se Dio esiste o non esiste. La questione è: da quando in qua Dio si preoccupa degli uomini? Oppure se ne occupa così bene e saggiamente da sembrare quasi assente?
Non poteva essere. Doveva tener conto dei fatti, non delle leggende. Adele si concentrò su questa certezza: il castigo divino non c'entrava affatto.
Allora chi le aveva dato questo incarico? Perché il fato l'aveva guidata verso quel giovane, un lontano giorno di settembre, infilandosi in camera sua per essere incarcerata assieme a lui?
Una prigionia simbolica, dietro sbarre d'oro. Quattro anni di tedio, noia, lacrime e sospiri. Nella mente di Adele orbitavano i riflessi delle lamette da barba, le forbici aguzze, le corse in macchina, i salti nel vuoto. Quattro anni di pericolo.
Girò pagina e riprese a leggere.

15 Luglio 2003

Devo iniziare dal contatto fisico.
Devo recuperare le carezze, gli abbracci, le strette di mano fatte col cuore.
Ho finalmente compreso il meccanismo di cui sono schiavo. Sperando non sia l'ennesimo abbaglio. E' stato merito di Asia, della sua festa di laurea, delle coccole mano nella mano stesi sul letto, ubriachi, stanchi e felici. Non mi capitava da tanto di stare così bene, assieme ad altre persone. Sembrava di essere in un harem, ma un harem complice, scevro dal maschilismo, fatto solo di carni, mani, piedi, massaggi e risate. Senza malizia, senza erotismo, almeno non esplicito. Energie pure, ninfa primordiale ornata di zaffiri e diamanti. E sotto lava bollente, nascosta tra arcate di cotone. Vulcani di energie sessuali liberi di scorrere senza peccato.
Mi sentivo in paradiso, sarei rimasto steso su quel letto in eterno. C'era addirittura l'aria condizionata, privilegio raro, e un'eccezionale padrona di casa.
E' tuto questo è stato possibile grazie a quello che è successo domenica mattina.
Quel massaggio ha rafforzato l'amicizia, adesso ci vogliamo davvero bene. Vedersi è un piacere, il tètè-a-tété un gradevole attimo fuggente.
Devo continuare così, se voglio guarire: contatto fisico, pelle, abbracci.


Si alzò in piedi e gettò un'occhiata al giovane. Dormiva supino, le braccia incrociate sul petto, i lunghi capelli castani abbandonati sulle spalle. Sembrava davvero Gesù Cristo, pensò Adele. L'icona classica, ovviamente. Quello vero era molto diverso: più basso, capelli neri, barbetta non troppo lunga e pettinatura indiana.
Adele lo aveva conosciuto nel deserto, durante i quaranta giorni. Fu la sua prima missione, parecchio tempo prima, da cui veniva la sua certezza. Sapeva riconoscere un incarico divino, quand'è Dio ad usarti la tua consapevolezza si scioglie nel nulla, come nevischio sul fuoco. Adele non aveva mai parlato con Dio, ma quella volta ne aveva sentito la Voce. Solo che lei non c'era quando Dio le parlava. Lei ascoltava sé stessa parlare, senza esistere. Pura percezione dell'esistenza, nessun soggetto.
Stavolta era diverso. Qualcuno aveva orchestrato questo trattamento, era palese. Ma chi?
Le era capitato diverse volte di venire evocata. Più spesso nel corpo di una donna che in quello di un uomo, e non per caso. Gli uomini vengono annebbiati dal potere, e coloro in grado di evocare un Demone sono quasi sempre schiavi del desiderio sessuale. Era entrata molte volte nel corpo di una vittima, vergine e innocente, per vivere al suo posto la violenza animale dell'uomo. Violentata dai falsi seguaci dell'Astro del Mattino. Stuprata dagli eretici dell'Eresia.
- Indagare su questi quattro anni non servirebbe a nulla - bisbigliò Adele camminando per la stanza - il lavoro è concluso, tra poco sarò di nuovo a casa. La vacanza è finita.
Vacanza? Il lavoro migliore della sua esistenza! Nessuna tortura fisica, nessun servigio ai mercanti d'oro, nessuna vendetta o protezione. Solo bisbigliare e riempire d'amore divino. Meraviglioso.
Al diavolo le regole! Non poteva perdere questa occasione.
Adele non voleva tornare ad aspettare secoli tra uno stupro e l'altro, chiedendosi se il prossimo caprone sarebbe stato davvero nero o solamente dipinto. Adesso aveva l'occasione di cambiare vita, voleva scoprire chi l'aveva evocata e se aveva ancora bisogno di lavori simili.
"Rispetta l'umano che ti evoca" diceva la regola. Benissimo, allora che Dio mi fulmini se io la sto infrangendo, pensò Adele. Tranne quella volta con Dio, che stavolta non c'entrava, aveva sempre parlato con chi la evocava. Ne concluse che indagare non era sbagliato.
Adele era stata creata per amare l'uomo, e adesso aveva l'occasione per torturarlo meno, che era circa la stessa cosa. Poteva essere un disegno divino, forse l'Onnipotente era davvero presente, bacchetta in mano, davanti alla grande orchestra.
Forse questo era il suo destino, la sua missione nel mondo.
Attraverso la finestra il cielo stava già tingendosi di violetto. Nubi maestose, come bianchi piroscafi del firmamento, viaggiavano pigre tra lontanissime pianure coperte di malva.
- Mi resta circa mezz'ora - pensò Adele - debbo trovare un indizio.
Lasciò perdere i cassetti, l'armadio, la lavagna zeppa di bigliettini e tornò alla libreria. Con molta fatica il suo braccio immaginario raggiunse un altro diario, sul quarto scaffale. La mente di Adele, sospesa tra la presenza astrale e il ricordo di un corpo fisico, vacillò un istante, prima di riuscire a percepire l'inchiostro e decifrare il fiume di parole tracciato sul diario.

25 Luglio 2004

Ho parlato con Dio.
Ieri sono uscito per avere risposte, ho guidato per ore, camminato sotto la pioggia, raggiunto la vetta durante il temporale. L'ho sfidato, bastone in mano, a decidere della mia vita.
Mi sono sentito piccolo, indifeso, sorretto tra le sua dita, tra le falangi di fulmini che cadevano affianco a me, lacerando l'aria satura di elettricità.
Poi, pieno di gratitudine e felice di essere ancora vivo, mi sono rifugiato sotto un roccia a picco. Lontano dal sentiero, oltre la staccionata, a pochi metri dal precipizio. Mi sono seduto, asciugato i piedi, ho strizzato i calzini e steso l'asciugamano sul terreno. Ho visto la scritta quasi dopo dieci minuti, quando mi sono sdraiato per riposare. Sul soffitto, sopra di me, qualcuno aveva inciso le seguenti parole: "Il perdono è la chiave della felicità".
E' la risposta che cercavo da quattro anni. Devo perdonare l'umanità per la sua imperfezione.
Devo perdonare le donne che mi hanno tradito, il padre che non mi ha accettato, la madre che non mi ha parlato. Perdonare coloro che promettono amore eterno e cambiano idea la settimana dopo.
Perdonare mia moglie che mi ha mentito per anni.
Solo allora saprò perdonare a me stesso gli errori che ho smesso di compiere. Sarò di nuovo umano, purtroppo consapevole di agire in maniera sbagliata, ma finalmente capace di farlo. Di richiudere lo scheletro fuggito dall'armadio. Di fare ciò che sento, anche quando è sbagliato.
Devo esorcizzare il demone infernale che mi ha illuso di essere un santo.


Esorcismo! Non era possibile, se ne sarebbe accorta. Ci sarebbe dovuto essere un rituale, un prete, insomma qualcosa. Un ricordo della cerimonia, un'esperienza mistica.
Un viaggio?
Possibile che quella folle corsa in montagna, sotto il temporale, avesse spezzato l'incantesimo?
No, non poteva essere, concluse Adele. La possessione era semplicemente finita, l'accordo era per quattro anni, ed oggi scadeva il contratto. Il sole indugiava sulle colline, l'aria iniziava ad imbrunire, non c'era nulla da scoprire. Il ragazzo era un'anima sensibile, un idealista, un sognatore, era normale avesse notato la presenza maligna di una maledizione nella sua vita. Correndo tra i fulmini, l'altro giorno, aveva semplicemente iniziato a festeggiare la propria liberazione. La mente non poteva saperlo, ma la sua anima doveva avere percepito l'arrivo di un mutamento, dopo tutti quegli anni...
Quattro anni esatti! Certo, era questa la prova, talmente ovvia e lampante da essere rimasta lì, sotto il naso, arrogante nel suo avvolgere l'intera indagine di Adele.
Lei aveva sempre saputo, sin dal primo giorno, che il lavoro sarebbe finito dopo quattro anni. Una possessione a tempo determinato, si potrebbe quasi dire part-time, su un giovane umano reduce da un divorzio e un lungo adulterio. E lei non ricordava di aver parlato con il committente, lo stregone, sciamano o entità celeste che gli aveva assegnato un incarico così preciso.
Come poteva sapere allora che sarebbero stati quattro anni precisi? Non era stata in grado di riflettere, durante questo periodo, ma adesso, libera dalle mansioni demoniache, si rendeva conto dell'enorme incoerenza. Qualcuno doveva averla evocata, e le aveva detto quanto sarebbe durato.
Qualcuno che poi le aveva cancellato la memoria.
- E' l'unica spiegazione - farfugliò trafitta dai raggi del tramonto - Non lo reputavo possibile, ma esistono forze in grado di cambiare i ricordi ad un Angelo. Adesso lo so.

Il giovane aprì appena gli occhi, toccato dal vento fresco della sera che entrava dalla finestra.
Per un attimo gli sembrò di vedere, sul davanzale, un figura luminosa avvolta da enormi ali nere, come fuliggine accesa nel vento, più trasparante di un miraggio.
Ancora appannato dal dormiveglia sgranò gli occhi. Quando gli riaprì c'era solo il riflesso del sole morente, sul vetro della casa a dirimpetto, che scherzava tra le chiazze di luce sul muro e i vapori dell'incenso.
Adele era tornata all'Inferno.