Bastian Contrari

Luglio 2014 (Dicembre 2016)
- Ognuno di voi è diverso!
- Io no...
[Brian di Nazareth, Monty Python]

Bivacco autostradale

Nella scorsa puntata abbiamo parlato del vittimismo ipocrita, valvola di sfogo preferenziale per sopportare le angherie del Sistema. Mi lamento della puzza, ma resto ben dentro la Matrice. Al contrario, il vittimismo cosmico è la scusa che giustifica l'astio nei confronti della società. Sono nato puzzolente, e non mi vogliono nella Matrice. Sono queste le uniche forze in gioco? La scelta tra dentro e fuori dipende solo dal sapore del nostro vittimismo? Ovviamente no. Oltre al masochismo vi sono altre forze in lizza, ben più specializzate, come lo spirito del bastian contrario.

I bastian contrari sono tautologicamente fuori dalla Matrice. Se nasci pecora nera o mosca bianca, sei fuori dal branco per definizione. I bastian contrari non si vergognano di ballare da soli, entrare nei cinema di terza visione e mangiare per terra, lungo l'autostrada. Scelgono comportamenti minoritari, accuratamente fuori dagli schemi. Ma la correlazione tra l'essere bastian contrario e il vivere fuori dalla Matrice funziona solo in un verso, perché non vale il teorema inverso: se vivi fuori dalla Matrice non sei per forza un bastian contrario. Potresti essere eclettico, ribelle, solitario o addirittura una vittima della società. In senso cosmico, ovviamente.

La natura ribelle è una delle forze che più di tutte ci allontana dalla Matrice. Questa considerazione - apparentemente triviale - apre la strada alla prossima pillola rossa, ovvero: una volta appurato che vivo fuori dalla Matrice perché sono un bastian contrario, mi domando perché faccio il bastian contrario. Ci si nasce o ci si diventa? Sono caduto nel calderone dell'anticonformismo da bambino, o mi hanno progettato diverso dalla massa? O semplicemente mi piace credere di essere diverso?
Mumble mumble... la faccenda si fa complessa. Forse è il caso di prendere il bisturi, indossare i guanti in lattice e vivisezionare per bene il concetto.

Morfeo apripista

Iniziamo con l'ammettere che i bastian contrari sono essenziali alla società. Senza gli apripista il mondo non andrebbe avanti. Serve qualcuno che entri in discoteca per primo, al sabato sera. La maggior parte delle persone, quando vede il locale deserto, si gira sui tacchi e se ne va. Se ci comportassimo tutti così, pub, discoteche e ristoranti sarebbero già falliti. Per fortuna c'è sempre un coglione che entra per primo, rompe il ghiaccio e avvia le danze. E' una sorta di magia: ti butti in pista solingo per distinguerti dal branco, e aiuti il branco a cambiare direzione proprio andando contro corrente. Non è perfetto?

Ballare è stata l'esperienza più spirituale della mia vita. Danzando raggiungevo un'estasi mistica. Non tanto per la bellezza delle donne o i complimenti degli africani, che si univano a me sui ritmi tranqi funky delle note colorate, ma perché sentivo l'Onnipotente ballare con me. Era lui a guidarmi, sussurrare consigli.
- Ballare è gratis, Morfeo. Vai nei circoli ARCI e portati la birra dal supermercato.
- E dove la tengo la birra, mentre ballo, Signore?
- In macchina, se hai la macchina. Dietro un cespuglio, se sei in bici.
- Sei proprio un Capo.

Morfeo danzante

Ancora oggi ballo ovunque: in salotto, in treno, al parco, in terrazzo. Per oltre un decennio sono andato a ballare quattro sere la settimana, senza mai entrare nella Matrice. Preferivo i posti con poca gente ma libertà di movimento. Danzare era più importante che socializzare, lo spazio era essenziale. Chiudevo gli occhi e immaginavo di essere in una discoteca fatta di cubicoli, dove ciascuno ballava per i fatti suoi, con la sua scaletta musicale, e vedeva gli altri agitarsi dietro un vetro insonorizzato. Un posto dove potevi aprire la pista a ogni canzone, ma tenere le persone a distanza. Perché la fregatura, quando fai da apripista, è che gli altri ti seguono.

Ecco il primo problema. Fare il bastian contrario giova alla società, ma la società ha il brutto difetto di prenderti come esempio e seguirti. Così sei costretto a inventarne sempre di nuove, pur di non confonderti nel branco.

A vent'anni compivo atti orribili per farmi pagare da bere. Ingoiavo l'acqua dove si sciacquavano i cucchiaini del gelato, mangiavo gli avanzi dai piatti altrui, facevo scherzi agli sconosciuti. Era un modo per prendere due piccioni con una fava: risparmiavo sulla consumazione e apparivo stravagante agli occhi degli amici, ben contenti di offrirmi una birra per assistere alle mie zingarate.
Una volta palpai le tette a una cameriera - urlando popi popi - e scappai per fuggire alla sua ira funesta. Mi salvai grazie a una discreta resistenza e un'auto parcheggiata dietro l'incrocio giusto, un chilometro più avanti. In Piazza Novelli andai in ufficio coi calzini rossi sgargianti, fui beccato dal Colonnello e pagai da bere all'intera Prima Divisione Telecomunicazioni.
Ho allietato decine di feste, sagre e falò al suono della chitarra, spinto non dal talento musicale, ma dalla voglia di essere protagonista anziché spettatore. Ho persino fatto beneficenza agli Skiantos. Quella sera entrai, ordinai una piada, una birra e attesi. Un'ora, due.
- Ma a cazzo di ora suonano? A mezzanotte?
Sono contento di aver pagato il biglietto senza aver visto il concerto, perché gli Skiantos meritano tutto il mio rispetto. Ma aspettare tre ore, tra la folla, era troppo conformista per il giovane Morfeo. Preferii tornare a casa, accendere il PC e giocare a Orbiter fino alle tre di notte.
Sono pazzo? Beh, tenetevi forte, c'è di peggio: quella fu l'unica volta che pagai l'ingresso di un concerto in vent'anni. Di solito scavalcavo o entravo quando aprivano i cancelli. Nel 2001 attraversai un intero campo di granoturco al passo del leopardo, impiegando mezz'ora per infilarmi sotto la rete e finire tra i rovi, pur di dimostrare che si poteva entrare gratis. Il bastian contrario non ha paura di passare per fesso, maleducato o ignorante. Farebbe qualsiasi cosa, pur di sentirsi diverso, anche darsi la zappa sui piedi.

Morfeo in prima linea

A questo punto è evidente che non sarò mai ricco. Tutti vogliono essere ricchi, tutti adorano il denaro, tutti sognano una vita benestante. Come posso arricchirmi senza essere tutti?
Potrei dire che detesto i ricchi perché sono benestanti per discendenza, anziché non per merito. O perché pensano che avere un genitore come garante per il mutuo sia cosa normale. O che farsi regalare un appartamento da mamma o papà sia alla portata di tutti. Odio persino i ricchi disgraziati, quelli che la casa l'hanno ereditata e poi si lamentano che devono sbattersi per venderla.
Nascosto dentro di me, nel profondo dell'anima, c'è un diavoletto che ripudia la ricchezza. So apprezzare il benessere solo di nascosto, se nessuno mi vede, oppure sottolineando che non posso permetterlo. La prima volta che mi regalai tre ore in una SPA, a quarant'anni, la mia paura maggiore fu quella di essere colto in flagrante.
- Guardate, è Morfeo: parla tanto di vita fuori dalla Matrice, di campare con mille euro al mese, ma intanto se ne va alle terme.

Una delle poche esperienze lussuose che raccontavo volentieri, quando vivevo fuori dalla Matrice, era la storia della mia cena in un albergo a cinque stelle, con tanto di cameriere personale guantato di bianco, vista sul lago e vasca da bagno in camera. Ogni volta che ricordavo quell'avventura sottolineavo che era tutto pagato dall'azienda. Dovevo ribadire che quel lusso non l'avevo né scelto né voluto: l'avevo subìto.

Bastian contrari a passeggio

La via della pillola rossa non è una passeggiata. Mentre scavi nella coscienza sorgono dubbi più che legittimi. Non diventerò mai ricco perché sono un bastian contrario, o faccio il bastian contrario perché ho vissuto troppo in povertà? Qual'è la causa e qual'è l'effetto?
Effettivamente, a dirla tutta, alcuni fatterelli oggettivi ci sarebbero. Piccoli insignificanti episodi che mi dipingono (di nuovo) come una vittima cosmica. C'è la volta che mi distrussero l'auto in un frontale, rovinandomi il collo, ma non ricevetti una lira dall'assicurazione. O quando il professore responsabile del flusso Erasmus non mi avvisò della borsa di studio (che poi avrei vinto) perché giravo in canottiera e capelli lunghi. O la volta che mi candidai come docente presso la SILSIS e mi risposero che sì, ero qualificato ma no, non potevo avere il posto perché dovevo frequentare quel corso come discente, e se fossi stato il docente, allora sarei risultato assente.

E' nato prima l'uovo o la gallina? Quando la domanda scatena un circolo vizioso, di solito si tratta di una domanda mal posta. Sapendo che la mente mente, a riflettere troppo si rischia di cadere in un'eterna ghirlanda di epifanie mistiche. Non ci credete? Eccovi serviti.

Sono bastian contrario perché...

  • Ipotesi psicologica: il mio odio per il lusso sarebbe un modo per distaccarmi dal branco, per ribadire a me stesso che "non sono come gli altri". Vedi gli esempi delle terme e dell'albergo a cinque stelle: il benessere va bene, ma che non si sappia in giro. Questo potrebbe spiegare anche la preferenza per gli abiti usati e pieni di storia (complice un pizzico di feticismo), ma comunque non risponde alla domanda: perché voglio sentirmi diverso?
  • Ipotesi di Redfield: ho avuto un padre autoritario, che mi ha addestrato a rispondere "comandi" e mettermi sull'attenti quando chiamava. Secondo Redfield, per reazione, avrei sviluppato un atteggiamento vittimista. Getto la mia vita alle ortiche come pretesto per lagnarmi, e il mio modo di fare la vittima consta proprio nell'andare contro corrente. Allora come mai i miei fratelli, cresciuti nel medesimo ambiente familiare, non hanno mai fatto i bastian contrari [1]?
  • Ipotesi di Esopo: la volpe e l'uva. A furia di sentire gli altri parlare di weekend fuori porta, viaggi all'estero, vacanze in barca e investimenti online, mentre tu trascorri la domenica a pulire casa, ti metti in testa che quelle cose non fanno per te. Non le avrai mai, ti sono precluse dalla nascita. Così vai in giro a raccontare che l'uva è acerba, anzi: la vostra uva è acerba, io bruco l'erba, che è buonissima. Da giovane avevo romanzato la visione esopica inventando curiose immagini allegoriche: il ricco passa la giornata sullo yacht, a prendere il sole, mentre il povero si accontenta del materassino. Ma il povero almeno impara a nuotare e vive l'esperienza autentica del mare. Lo yacht è acerbo.
  • Ipotesi di Gardner: la mia intelligenza astratta sarà forse elevata, ma dal punto di vista emotivo sono un ritardato. Mi è capitato di avere paura di essere sorpreso a essere felice. Mi sento un verme quando mi fanno un complimento, o mi invidiano. Da ragazzo facevo il musone se gli altri erano felici, ma diventavo euforico quando erano depressi. Essendo scarsamente empatico, mi veniva più facile fare l'antipatico piuttosto che vibrare in simpatia. In altre parole: se non sai gestire il fatto di essere invidiato, ammirato o lodato, è naturale ritrovarsi fuori tempo, fuori sintonia e fuori dagli schemi.
  • Sindrome ansiosa: da giovane dicevo che "non mi piace piacere". Crescendo ho raffinato il concetto: non mi piace generare aspettative. Nel momento in cui ti adegui ai costumi della società gli altri si aspettano cose da te. Telefonate di cortesia, regali di compleanno, il buonumore il giorno di Natale. Detesto telefonare il giorno della festa, mi fa sentire una marionetta che compie il suo dovere, imbrigliata dalla cortesia sociale. Preferisco chiamare in un'altra occasione, quando il festeggiato non se l'aspetta. Come si può pretendere che una persona sia felice proprio il giorno del suo compleanno? Forse è per questo che mi isolo dal branco: per ridurre l'ansia da prestazione.

Forse una di queste ipotesi è più azzeccata delle altre, o forse sono tutte facce della stessa medaglia. Nel bastian contrario c'è sempre un pizzico di vittimismo, un comportamento asociale, una scarsa intelligenza emotiva e un forte bisogno di libertà. Un po' di tutto, insomma, dalla sociopatia alla sindrome di Ausperger.
Nel mio caso gli esempi sono tanti, tantissimi. Quando il mio coinquilino rientrava in casa all'improvviso, mentre giocavo al computer, di riflesso spegnevo il monitor, quasi fosse sbagliato divertirsi. In mensa ufficiali mi rifiutavo di godere del diritto a rispondere col cordless, perché era troppo da fighetti. Il giorno che la fanciulla di cui ero segretamente innamorato mi disse che avevo dei begli occhi iniziai a portare gli occhiali a specchio. Alle superiori nascondevo i voti migliori ai genitori, e menzionavo solo quelli mediocri. Impiegai anni per trovare il coraggio di ammettere di essere laureato in Fisica senza imbarazzarmi.
Eppure c'è una cosa di cui non mi vergogno affatto, anzi, di cui mi vanto: ho vissuto a lungo sotto la soglia della povertà, e mi sono divertito. Ma a questo punto sorge un dubbio: stavo bene davvero, o mi divertivo perché avevo domato il destriero che nessuno voleva montare?

Biglietto da visita

L'essere bastian contrari spesso ha a che fare col sentirsi unici. Ci allontaniamo dal branco per distinguerci. E nella consapevolezza di essere uno su un milione ci illudiamo di essere degli eletti. Ma anche se ciò fosse vero, allora sul pianeta Terra ci sarebbero almeno altri settemila "speciali" come noi. Moltiplicando questo numero per qualche millennio di storia ne salta fuori che di persone "come noi" ne sono vissute almeno centomila. E' una questione matematica: se credi di essere uno su un milione, allora prima di te sono venute al mondo centomila persone altrettanto speciali.

Questo pensiero dovrebbe smontare la nostra illusione di unicità, o per lo meno farci venire voglia di correre in biblioteca a studiare le avventure dei nostri predecessori. Altrimenti si rischia solo di reinventare la ruota.

Alla fine della fiera, dopo tanto filosofeggiare sul Sistema, la Matrice e i motivi che ci spingono alla rettoscopia quotidiana, salta fuori che il vecchio Morfeo se ne sta lontano dalla Matrice solo perché è un bastian contrario. Dirlo prima no? Occorreva imbastire tutto questo teatrino per compiere una confessione così banale?
Può darsi, ma questa digressione non è una mera analisi introspettiva, bensì una pietra che pavimentata il cammino verso il prossimo argomento. Se il bastian contrario ha bisogno di evadere da regole e convenzioni, assumendo comportamenti di nicchia, le persone sane preferiscono rispettare la norma. Seguire le regole è la scelta più accettata, compatibile e sostenibile, ovvero migliore. Soddisfa il bisogno innato di muri, pareti e confini ben tracciati, dietro (dentro?) i quali sentirsi difesi e protetti. A questa esigenza le diverse culture rispondono in modi diversi, con regole spesso assolute durante l'infanzia, flessibili nell'adolescenza ed elastiche alla fine. I bambini dividono il mondo in buoni e cattivi, gli adulti in cinquanta sfumature di bugie. In oriente questo percorso è addirittura ufficiale: si nasce protetti dai precetti dello scintoismo o del confucianesimo, si invecchia sublimandosi nell'anarchia intangibile del taoismo e dello zen. I saggi, come Zagreus, riassumono il concetto in poche parole.
- A che serve la regola?
- A essere infranta
- E quando puoi infrangerla?
- Quanto l'hai dentro


[1] Sono cosciente del fatto che secondo la psicologia dello sviluppo la formazione mentale è dovuta ad almeno tre fattori (genetica, ambiente ed ermeneutica), ma qui sto parlando del paradigma di James Redfield, non del vostro.