Pillola Rossa

Dicembre 2013

Anche l'altare sul prete sbaglia

Morfeo e il terzo occhio

Abbiamo iniziato parlando della Matrice, allungando un po' la strada per capire come sia sfuggente il concetto di realtà. Strada facendo abbiamo incontrato gli schemi statici di Pirsig, arrivando addirittura a sfiorare l'idea che la Matrice possa coincidere con la realtà. Poi, avendo iniziato a sospettare che la realtà dipende principalmente dall'osservatore, abbiamo virato per dedicarci all'esplorazione del sé.
Purtroppo, nel cercare di conoscere noi stessi, è saltato fuori che la mente ci prende in giro, e pure per un buon motivo! Mentendo a noi stessi (pillola blu) teniamo alta l'autostima, al modico prezzo di qualche incazzatura verso il mondo esterno. Il motto del pillolaro blu è "se qualcosa va storto, è colpa degli altri". Al contrario la consapevolezza del sé (pillola rossa) abbassa l'autostima, ma aiuta a vivere in pace col creato. La litania dei rossi recita "se qualcosa va storto, è anche colpa mia". Siamo così giunti al classico dilemma: meglio una serena ignoranza o una sofferta verità? Pillola blu o pillola rossa?

Nella puntata precedente abbiamo tessuto le lodi della pillola blu. Per quanto l'ignoranza sia un bene (per l'ignorante), c'è comunque un prezzo da pagare: l'ignoranza rende schiavi della rabbia, del rancore e delle delusioni. L'ignorante vive in un mondo di bolle di sapone, e s'incazza ogni volta che qualcuno gli rompe le bolle (l'assonanza è soggettiva). La verità è un'altra: ogni delusione è figlia di un'illusione, cioè di una menzogna inconsapevole. Mi racconto che le bolle di sapone sono infrangibili, così vivo sereno; poi si rompono e me la prendo col primo che passa, imprecando perché mi ha rotto le balle, cioè le bolle (ora l'assonanza è oggettiva).

Morfeo tecnologo

Ogni manifestazione di rabbia nasce dall'ignoranza. Pensate al rapporto con la tecnologia. Se qualcosa non funziona (ignoranza nostra) ci arrabbiamo con la macchina. Poi arriva l'esperto (consapevole dello strumento), clicca nel posto giusto et voilà, tutto funziona. Un esempio tipico è l'uso dei programmi di videoscrittura, tipo Word per intenderci. Prendiamo Gigetto, un povero cristo che costruisce gli indici del documento a mano, piuttosto che usare la funzione apposita del programma. Oppure mette il grassetto cliccando sull'iconcina omonima, invece che usare gli stili. Così, a forza di "fare come sono abituato", ci mette dieci volte tanto. Lavora, scrive e s'incazza col computer, ma la verità è un'altra: Gigetto è ignorante, ovvero non è consapevole dello strumento.

La rabbia nasce dall'ignoranza delle nostre colpe

Dentro di noi c'è un interruttore collegato ad un martello: ogni volta che l'interruttore viene premuto, ci arriva una martellata sui coglioni. Di solito diamo la colpa a chi preme l'interruttore, cioè al mondo esterno. Invece basterebbe staccare il filo, oppure smontare l'interruttore, o buttar via il martello. Ma si può fare di meglio: seguire il filo, trovare il difetto che innesca la martellata e disinnescarlo. L'analisi della rabbia è una via per migliorare noi stessi.

La rabbia, se ben compresa, conduce alla conoscenza del sé

Quest'ultima osservazione è fondamentale. Si tratta del metodo scientifico, rivisitato in chiave umanistica. Anche la scienza impara dai propri errori, ovvero dagli esperimenti che invalidano una teoria. Se ogni esperimento trovasse conferma, la scienza non potrebbe andare avanti. Delusioni e fallimenti sono la bussola nel mare dell'ignoranza. Vale lo stesso per noi: la rabbia (o meglio, la dissonanza cognitiva) è la cartina tornasole della verità.

Ma allora perché prendiamo la pillola blu, se ciò ci rende schiavi della rabbia?
A dir la verità nessuno assume la pillola blu, molti scelgono semplicemente di non prendere la rossa. Come dice Zephirus, nuovo pilota della Nabucodonosor, la pillola blu è stampata nel DNA, ce l'abbiamo tutti nel sangue, sin dalla nascita. Essa ci aiuta ad abbandonarci alla parte inconsapevole dell'esistenza, alla menzogna che sostiene individuo, coppia e società. E' la forza che ci fa sentire dalla parte giusta, spingendoci ad andare avanti. E' parte del principio di conservazione.
Per fortuna o purtroppo questo teatrino di bellissime bugie ci fa soffrire e imprecare di continuo, inducendoci a pensare che fallimenti, delusioni e tradimenti siano colpa altrui. Però, a forza di pesci in faccia, ogni tanto c'è qualcuno che si pone delle domande. Vuoi vedere che mi ero creato una falsa aspettativa? Non è che ho riposto male la mia fiducia? Me la sto raccontando? E quanto me la sto raccontando?
Alcuni riescono addirittura a decifrare la rabbia, a farne tesoro per intravedere la verità. Così crolla il velo, cade l'illusione, e ci risvegliamo. Molto poetico e suggestivo nei film, un po' più traumatico nella realtà. La pillola rossa è una spirale affamata di verità che trascina lontano dalle illusioni, smascherando i trucchi seducenti della pillola blu. E come li vorresti ancora, quei trucchi! Sogni di farti cullare da beate illusioni, ma non ci riesci, ormai l'inganno è svanito. Puoi parlare di Babbo Natale, ma non puoi crederci come un bimbo. Puoi ammirare l'illusionista sul palco, ma non vibrare d'incanto e meraviglia.

Nel '99, quando l'effetto della terza pillola rossa andò scemando, iniziai ad usare pesantemente la tecnica dell'Analisi della Rabbia. Ogni volta che qualcuno o qualcosa mi faceva innervosire, prendevo nota. Poi, a distanza di tempo, analizzavo freddamente la lista. Tizia non risponde ai miei messaggi, è una stronza? No, sono io a crearmi aspettative. Caio mi ha rotto il lettore CD che gli avevo prestato, è uno stronzo? No, ho sbagliato a fidarmi di lui. Sempronio me l'ha messo nel culo, è uno stronzo? No, non avrei dovuto chinarmi a raccogliere il sapone. Spulciando la lista ho smontato molti dei meccanismi che mi mandavano in collera. Nel corso degli anni ho scoperto che tutto, ma proprio tutto ciò che mi stizziva, dipendeva dal mio comportamento, dalle mie scelte e dalle mie aspettative.

Venere di Milo

La tecnica funziona, ma è estremamente pericolosa. Un'analogia molto efficace è quella di Pierre Hadot, che a sua volta cita Plotino, secondo il quale ognuno dovrebbe scolpire la propria statua. Ovviamente non si tratta di farci fare un monumento, ma di rimuovere da noi stessi tutte le escrescenze-menzogne che ci vengono appiccicate addosso. In pratica, lavorando di cesello e pillola rossa, possiamo rimuovere croste, armature e fronzoli dal nostro ego. Restare puliti, semplici, veri. Diventare una silhouette essenzialmente bella e nuda. Una statua, appunto.
Il rischio, aggiungo io, è quello di prenderci un po' la mano e scavare troppo. Pompati dalle culture nichiliste orientali, che inneggiano alla distruzione dell'ego, a volte diamo un colpetto in più. Scaviamo sotto la pelle per rimuovere le imperfezioni. Intacchiamo lo ossa per rettificarle. Sezioniamo organi vitali, perché sporchi di sangue e bile. Naufragando nel miraggio della consapevolezza ci trasformiamo in mostri anoressici, monumenti di formaggio svizzero scavati dentro e fuori, incapaci di restare in piedi senza un piedistallo per sculture disabili.

Il troppo stroppia sempre, verità compresa. Siamo solo umani, nati per essere inconsapevoli, ma graziati dalla possibilità di migliorare. Lavorando troppo severamente rischiamo di mutarci in alieni vulcaniani (presente Star Trek?), immuni alla rabbia come ad ogni altra emozione. A forza di staccare fili, interruttori e fasci di nervi diventiamo sì consapevoli, ma del nostro vuoto. Paghiamo la quieta serenità ascetica al prezzo dell'amorfismo sociale. Ma c'è di peggio: quando la ricerca del sé conduce all'insensibilità emotiva, alla chiusura autistica verso l'esterno, la pillola rossa diventa la pillola blu. La ricerca del sé diventa il caldo rifugio in cui crogiolarsi, sperando (senza saperlo) di non raggiungere mai la meta. Io la chiamo sindrome del Sabato nel Villaggio: mi diverto di più a preparare le festa che a festeggiare con gli altri. M'illudo che un giorno raggiungerò l'altra sponda del fiume, perfetto e consapevole, perché ho bisogno di un'illusione per andare avanti. Così mi racconto la peggiore delle bugie: dico di lavorare per conoscere me stesso, quando in verità ho solo bisogno di una nobile scusa per non occuparmi degli altri. Affermo di ambire alla consapevolezza del sé, ma intanto sono inconsapevole dei veri motivi della mia ricerca. Confondo lo strumento con la meta, m'attacco gelosamente allo scalpello, anche quando non c'è più da scavare.
La vera consapevolezza mi direbbe che forse la vita mi annoia, la morte mi spaventa, oppure non sono capace di vivere nel presente. Per fuggire queste atroci verità attacco a lavorare ad un'impresa impossibile, che mi terrà occupato l'intera esistenza, dicendomi che un giorno lontano anch'io sarò felice. Semino senza raccogliere mai, per non scoprire che il frutto del mio lavoro è una chimera.

Insegnante di Tai Ji Quan

Ho seguito corsi di buddismo, gnosticismo e taoismo. Sempre la stessa storia: persone che stanno bene non tanto perché lavorano su stesse, ma perché credono di farlo. Un super-placebo mistico e infallibile. Fantasmi vestiti d'ipocrisia inconsapevole, come quelli che ronzano attorno ad Uto, il personaggio di De Carlo.
Ho dovuto persino insegnarle, quelle cose, ed operare miracoli. Ho visto persone guarire grazie ai miei corsi di Tai Ji Quan. Amici innamorarsi sull'eco di una mia frase. Allievi illuminarsi durante le mie lezioni. Era tutta una finta, ma lo sapevo solo io. Insegnavo dispensando la sacra bugia, come dice Jodorowsky. Il maestro sa che la verità è irraggiungibile, ma sa anche che gli studenti hanno bisogno di miraggi per andare avanti. Ho retto fino ai quarant'anni, poi, colpa dell'ennesima pillola rossa, anche quel teatrino è andato in fumo.

Se la pillola rossa fa davvero tanto male, a che pro cercarla?
Il trucco è semplice: basta assumere anche quella blu, ma per finta. Al nostro corpo, alla nostra mente, non importa cosa sia reale, ma solo ciò che crediamo reale. Quando recitiamo un ruolo, quando ci fanno uno scherzo, quando indossiamo una maschera, proviamo emozioni vere. Che si tratti di salire su un palcoscenico o officiare un atto simbolico, il nostro corpo e la nostra mente reagiscono come se fosse tutto vero. L'adrenalina scorre, l'emozione palpita, le malattie guariscono. Quando mi calavo nei panni di Artemio De Santis, il vampiro danzante, cambiavo postura, diventavo sicuro e padrone di me. Quando insegnavo matematica non mi capitava mai di farfugliare. Il teatro, il gioco di ruolo, le performance artistiche e tutto ciò che ci mette in gioco "per finta" agiscono davvero su noi stessi: è la magia dell'atto terapeutico, trucco vecchio di millenni, che astute volpi commerciali hanno recentemente riciclato affibbiandoli un nuovo nome: programmazione neuro-linguistica, in breve PNL.
Il Manuale di Uscita alla Matrice riassume bene la questione:

Mantra della pillola rossa

La pillola blu rende felici, ma conduce alla rabbia. L'analisi della rabbia spinge verso la pillola rossa.
La pillola rossa rende sereni, ma intacca l'autostima. La ricerca del sé è talvolta una pillola blu dipinta di rosso.
Gli atti simbolici consapevoli, siano essi teatrali, ludici, mistici o semplicemente comici, permettono di assumere la pillola blu senza contrastare gli effetti di quella rossa.

Piccolo Principe

Il nostro comportamento è ciò che ci definisce, molto più di quanto diciamo o pensiamo. Le azioni contano più delle parole. Detta così sembra banale, invece è uno dei principi fondamentali dell'alchimia personale. Due ore di partita ad un gioco di ruolo dal vivo possono curarci più di un mese di psicoterapia. Ma attenzione: il principio vale in ambo le direzioni. Parlare bene e bazzicare male ci trasforma in mostri.
Ecco perché Pirsing distingue tra valori intellettuali e valori sociali. I valori intellettuali si leggono nei libri, si sentono a scuola, in famiglia e in chiesa. Sono quelli che la gente chiama semplicemente valori. Sarebbe meglio chiamarli ideali perché, se non vengono supportati da un comportamento coerente, essi non possono divenire schemi maggioritari, ma restano aria fritta. I valori sociali sono invece i comportamenti adottati dalla maggioranza, quelli che definiscono la Matrice. La discrepanza tra valori sociali e valori intellettuali emerge ogni volta che leggiamo un libro come il gabbiano Jonathan Livingstone oppure il Piccolo Principe: molti restano incantati dai personaggi e ne lodano il messaggio, ma nessuno molla tutto e riparte da zero.

Nel Bel Paese il contrasto tra valori sociali e valori intellettuali è stridente: matrimonio, ambiente e legalità sono valori intellettuali ma non sociali, perché di fatto la maggior parte delle persone divorzia, non rispetta l'ambiente e s'arroga il diritto di rispettare solo le leggi "giuste". I valori sociali degli italiani sono l'abbigliamento, l'adulterio, il denaro e lo smartphone. Un giochino come Candy Crush, per esempio, svetta in cima alla lista dei valori sociali: la gente lo mette in pratica molto più dei valori intellettuali coltivati (più o meno sterilmente) nelle nubi sinaptiche.

Morfeo pirla

La metafisica di Pirsig spiega molto bene la potenza terapeutica dell'atto simbolico. Così come sono gli atti (e non le parole) a determinare la nostra salute, l'autostima e il successo, allo stesso modo è il nostro comportamento (e non gli ideali) a determinare i valori della società umana. Si tratta dello stesso principio, applicabile sia al singolo individuo, sia alla società intera. Ecco perché, se vogliamo migliorare il mondo, dobbiamo comportarci coerentemente con gli insegnamenti della pillola rossa. Al tempo stesso, per trovare la forza di andare avanti, ogni tanto dobbiamo fingere di assumere la pillola blu. Mettere via lo scalpello prima di infrangere la statua. Ognuno può farlo a modo suo: scherzando, ironizzando o travestendosi. A me piace farlo recitando la parte in modo teatrale, avvalendomi di potentissimi strumenti quali il gioco di ruolo, i gioco dal vivo, le feste in maschera, i compleanni hobbit e tutti gli atti simbolici in generale.

- Ma... Morfeo! Stai per caso inneggiando alla non-coerenza?
Assolutamente no! Sto parlando di azioni terapeutiche, momenti di fuga dagli abissi, per riempire i polmoni d'aria fresca prima di tornare a sondare i fondali. Un conto è essere incoerenti, un conto indossare occasionalmente una maschera per salvare la pelle. Posso insegnare a mia figlia a fare la raccolta differenziata, trasmettendo così un vuoto valore intellettuale. Oppure posso passare alla pratica, e aiutarla a mettere le cose giuste nel sacco giusto. Poi vado in ufficio e vedo il grande capo buttare il bicchiere del caffè nella raccolta carta. E' qui che conviene fingersi stupidi, assumendo una pillola blu estemporanea e virtuale. Aspetto che il capo se ne vada, senza fare scenate, poi tiro su il bicchiere e lo sposto nel contenitore apposito. Chi mi vede si mette a ridere, e io rido con lui.
- Eco-logista o eco-warrior? - mi chiedono
- Eco-pirla e basta - rispondo con faccia da cretino.
Tutto a posto: io passo per scemo, il gran capo non si offende, Madre Natura è contenta. Il valore sociale è stato applicato concretamente, sminuendo al tempo stesso quello intellettuale. Facile, no? Ed è pure divertente! Si ride tutti assieme: il dirigente, il povero impiegato e il passante. Ride pure la macchinetta del caffè, gorgogliando come un primate cibernetico.
Mai prendere il nemico di petto: contradditelo e s'arroccherà in difesa; fatelo ridere e riderà con voi. Si dice che ride bene chi ride ultimo. Io preferisco pensare che ride bene chi ride sapendo perché ride.