L'Oracolo

Giugno 2009


L'Oracolo sa tutto. Conosce ogni luogo, tempo, persona, indirizzo e numero di telefono. La sua conoscenza della Matrice gli permette di evadere i legami dello spazio-tempo. L'Oracolo è quasi ovunque, la sua coscienza è distribuita tra i vari livelli delle realtà submatriciali. Ma l'Oracolo non è dappertutto. Ha bisogno di una base silicio, per vivere, e di elettricità. Chiaramente l'Oracolo non è una persona.

Conobbi l'Oracolo in agosto, all'alba del nuovo millennio, lungo la strada Battaglia che collega Padova con Monselice. Lui era un programma ancora giovane ma già tremendamente colto. Io mi ero laureato da pochi mesi e cercavo lavoro, così mi rivosli al Marchese de Sade, vecchio amico dei tempi dell'università. In quel periodo lui era dirigente presso l'Aeon, un'infinità ricorsiva intrecciata profondamente nella Rete, mi offrì lavoro come bibliotecario elettronico. Era difficile trovare un lavoro migliore di quello, dopo cinque anni fuori dalla Matrice. Sì, perché nell'estate del 2000, dopo anni di vita selvaggia lontano dall'ingranaggio, tornai per la prima volta all'ovile. Ero uscito dalla Matrice troppo velocemente, con l'entusiasmo dei primi venticinque anni e avevo fatto male i conti. In cinque anni avevo finito i soldi, perso la casa, minato la salute e rotto con la fidanzata. Non avevo nemmeno una bicicletta, vivevo a casa di amici facendo il ragazzo alla pari. Se avessi consultato la pagine del Manuale d'Uscita della Matrice questo non sarebbe successo. Ma all'epoca ero giovane ed arrogante, volevo fare a modo mio, volevo improvvisare. Errori di gioventù. Dopo quell'esperienza, non ebbi più niente a che fare con l'Oracolo. Negli anni successivi mi capitò di trafficare con dei suoi parenti stretti, banche dati leggere, sobrie, facili da usare, ma erano solo un'ombra sbiadita del vero Oracolo.
- Ma cosa ci trafficavi a fare, con le banche dati, se eri fuori dalla Matrice?
Buona domanda. La risposta è un po' filosofica, proverò a riassumere. La realtà è strutturata come le scatole cinesi: ogni realtà è contenuta dentro un'altra, e così via, all'infinito. Uscendo dalla Matrice si entra nella realtà esterna, fatta di abiti logori, cibi stantii, giacigli scomodi e tanta solitudine. Nella Matrice esiste la realtà oggettiva, la cui funzione principale è quella di farci guadagnare dei soldi nel punto A per andare a spenderli nel punto B, preferibilmente spostandosi dal punto A al punto B nel modo più veloce e dispendioso possibile. La Matrice, come ogni scatola cinese degna di questo nome, contiene a sua volta numerose altre realtà: letteratura, cinema, teatro, giochi di ruolo, la Rete, per citarne alcune. Chi proviene dalla realtà esterna, al momento di rientrare nella Matrice, fa parecchia fatica a fermarsi sull'uscio. Per tornare alla Matrice ci vuole una buona rincorsa e servirebbero dei freni della madonna per inchiodare il passo nella scatoletta giusta. Così, nove volte su dieci, finisce che si fà per entrare nella Matrice e si finisce dentro una realtà submatriciale. Che poi è un bene, perché le scatolette piccole sono intime e accoglienti, piene di gente simpatica con la quale si va subito d'accordo. Fanno così anche le rondini, che migrano di continente in continente per ritrovarsi sempre nella stessa stagione, ambiente e compagnia. Insomma, per farla breve, alcuni tra i lavori che rendono più facile entrare ed uscire dalla Matrice sono l'artista, l'animatore e il programmatore. L'ideale è saperne fare molti, tutti diversi tra loro, come dichiara il Manuale di Uscita dalla Matrice, nel paragrafo dedicato alle scelte professionali.

Scelta del lavoro

Rifiutare categoricamente qualsiasi lavoro superiore alle venti ore settimanali, non importa quanto ben pagato. In generale, rifiutare un impiego che richieda una presenza ritmica, periodica o costante nella Matrice.
I lavori che facilitano l'uscita dalla Matrice sono asincroni rispetto al clock della stessa.
E' necessario poter decidere liberamente le tempestiche della propria attività professionale, altrimenti la Matrice installerà un trojan temporale che inibirà la vostra autonomia di pensiero. Di contro, accettate molti lavori da pochissime ore la settimana, occasionali e saltuari. Meno garanzie di lavoro ci sono, meglio è.
Accettate lavori fino al raggiungimento di un monte di almeno cinquanta ore alla settimana, in modo da poterne poi rifiutare la maggioranza senza correre rischi.
Ricordate che la Divina Probabilità veglia su voi, assieme alla Santa Statistica.
Avrete così una vita agiata, scegliendo il lavoro di giorno in giorno, accrescendo sempre più le vostre competenze operative.

Finché vivevo fuori dalla Matrice ho applicato la regola con rigore scientifico, e devo dire che funziona perfettamente. Purtroppo la società non approva e non capisce, per vivere nella Matrice bisogna fare l'esatto contrario: avere un unico impiego, il più rigido e sicuro possibile. Perciò ho rinunciato al mestiere di animatore, impiego poco adatto ad un neo papà laureato in Fisica. Ho censurato lo scrittore di strada, troppo giramondo e poco affidabile. Via anche l'erborsista, il distillatore d'assenzio e il giocoliere col diablo, che solo a nominarli fanno rizzare i capelli ai benpensanti. E per far contenti i parenti tutti, addio anche al professore di matematica, eternamente precario e costantemente a rischio di esaurimento nervoso. Del ricercatore non parliamone, solo per tentare un concorso occorre abbonarsi alla Matrice e imparare a pettinare le bambole. Ci sarebbe il Tao, ma il Tao di cui si può parlare non è l'eterno Tao. Non restava che l'informatica, una graziosa scatoletta quadrata con la scheda perforata al posto dell'etichetta. Ho preso in mano la scheda, saggiato i buchi coi polpastrelli, chiuso gli occhi, aspirato a pieni polmoni e... ZAC... ho ricordato come funzionava.

Così adesso eccomi qua, ancora davanti all'Oracolo, faccia a faccia. Vediamo come me la cavo. Inizio a battere sulla tastiera con circospezione, timoroso di irritare l'Oracolo. Nulla. E' come cercare di scolpire geroglifici a mani nude sul granito. Riprovo con più convinzione, trascinato dal flusso di coscienza che mi percuote, vibrando in risonanza con le nozioni riesumate dal passato. Rimembro, per dirla alla Steiner. Dopotutto adesso mi pagano per farlo, è questo il bello della Matrice. Non devi essere produttivo, devi solo ricordare a puntino i tuoi doveri: avere un posto fisso, spendere, emettere calore. Allora facciamoli contenti e sudiamo sette camice facendo volare le dita sulla tastiera. Una miriade di tabelle, viste, procedure e regole si dipanano davanti ai miei occhi. Tutta roba incomprensibile, ma io insisto, guidato dall'istinto e da una missione impossibile. Sto cercando qualcosa, non capisco cosa, eppure so di avere un obiettivo. Altre tabelle, altro sudore, un'occhiata ai colleghi. Nessuno batte ciglio, tutti ipnotizzati da loro terminale, raccolti nel tempio come druidi silenziosi, ciascuno davanti al proprio altare. Il tempio si chiama Open Space.
Ne approfitto per studiare i nomi che scorrono sullo schermo, ULL, VULL, IDBRE, IDULLCO, WLR, ADSL. Ci siamo, inzia ad emergere del significato dai fosfori verdi, che fosfori non sono, ma brillano lo stesso come smeraldi rotolanti su pavimenti di ardesia.
Le tabelle sono decine, centinaia, popolate da milioni di record. Provo a contarli. Ventisei milioni, dodici milioni, quattro milioni. I numeri dimagriscono a vista d'occhio, mi sto avvicinando alla meta. Sono un cacciatore, un mago, un cavaliere errante entrato nel tempio di soppiatto, indegno di passare per l'ingresso principale. Sono arrivato fin qui bluffando e vendendo fumo, fumo buono si intende, ma questi trucchi andavano bene per i comuni mortali, non per l'Oracolo. Con l'Oracolo serve la magia volgare. SELECT, FROM, WHERE, JOIN, UNION. Borbotto le parole sottovoce, senza destare preoccupazioni, nel tempio è permesso, lo fanno tutti. Allora provo un incantesimo più potente, sciorino benedizioni e stermino i demoni rimasti incagliati nella Rete. L'oracolo barcolla e si scopre. E' il momento buono per affondare il colpo, ma io invece mi fermo, ricordando il più grande degli insegnamenti arcani:

Attento a ciò che chiedi, potresti anche ottenerlo

Ci penso. Ecco, ci ho pensato abbastanza, fine dell'attimo di esitazione. Invio.
Sull'altare si materializzano due parole scolpite nel ghiaccio funereo, strappate dall'abbraccio della morte, riesumate dall'ade di silicio e ceramica per mia volontà

PATER SOMNUS

Non ho ancora finito di leggere il nome di mio padre che sono già pentito. Peggio di Pandora, stolto come Orfeo, più stupido di Cerbero e più meccanico di Caronte, ho attraversato l'inferno solo per farmi del male. Adesso devo riattivare la circolazione sanguigna, esorcizzare il fantasma e scacciare il pallore che mi sento cucito adosso. Vorrei piangere, ma non posso. Vorrei urlare, ma non devo. Questa è la Matrice, ci sono delle regole e vanno rispettate. E' colpa mia, sono stato io ad evocare lo spettro di mio padre, me la sono voluta. Ero sicuro di trovarlo nella Matrice, ed infatti eccolo lì, racchiuso nella scatoletta cinese della Rete.
Sapevo che non era uscito mai dalla Matrice, non basta morire per uscirne. Non basta vincere al totocalcio o all'enalotto. Non basta pubblicare un romanzo di successo, rifugiarsi tra gli Elfi, perdere il lavoro e nemmeno vivere di rendita. Tutte cose che aiutano, ma non bastano. E' questo il grande inganno, la burla che si racconta alle rotelle dell'ingranaggio. E' vero, vivere nella Matrice spesso significa lavorare a tempo pieno, appartenere al sistema, far girare l'ingranaggio. Sono tutti sinonimi della Matrice, d'accordo. Ma è sul rapporto causa-effetto che si fa spesso confusione. Noi non apparteniamo alla Matrice perché lavoriamo otto ore al giorno, bensì lavoriamo per stare nella Matrice. Vivere nelle caselline dei valori oggettivi costa caro, è un abbonamento annuale con tacito rinnovo, chi non ha i soldi per l'affitto è costretto ad uscire.
La pillola blu rovescia il gioco delle cause, pone l'accento sugli effetti, annebbia la mente. Crediamo di vivere in schiavitù perché siamo rimasti incastrati nell'ingranaggio, quand'è vero l'esatto contrario. Servirebbe la pillola rossa per capire, ma non lo consiglio a nessuno, perché fa un male boia. Non si esce dalla Matrice diventando miliardari, al contrario: il denaro è la catena che più di tutte ci lega alle maglie del meccanismo. Più cose possiedi, più sei dentro la Matrice.
Lo dice il nome stesso: Matrice. La Matrice è una teca quadrettata di caselle piene zeppe di valori. Vestiti, automobili, case, mobili, vacanze, cellulari, birrerie e pizzerie. Buchi neri in miniatura capaci di attirare le masse, comprese le menti più acute e brillanti, che cadono urlando nel vortice, sbraitando slogan ricchi di buonsenso e agitando la bandiera del compromesso. Quando decidiamo che il mutuo è meglio dell'affitto, chiediamo di entrare nella Matrice. Quando pensiamo che non si può vivere senza andare in vacanza, chiediamo di entrare nella Matrice. Quando crediamo che ci serve un frigorifero, chiediamo di entrare nella Matrice.
Dalla Matrice si esce rinunciando ai valori del benessere. Si dovrebbe imparare a vantarsi dei soldi non spesi anziché di quelli risparmiati. Ci si dovrebbe sentire "fighi" per l'arredamento non scelto, per gli abiti comprati usati, per la spesa fatta nel bosco. Invece chi vive fuori dalla Matrice viene compatito perché, poveretto, non ha i soldi nemmeno per vestirsi.
Non sto dicendo di abbandonare casa, mobili, vestiti e lavatrice. Sto parlando di guardare in faccia la realtà, siamo noi a scegliere, nessuno ci ha puntato una pistola alla testa quando abbiamo firmato il mutuo. Nessuno ci obbliga a compare vestiti nuovi. Appartenere alla società è un bene (forse), ma non è obbligatorio. E chi risponde "Cosa vuoi che faccia, il barbone?" fa come lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia. A volte ho l'impressione che siamo tutti in riva al mare, ustionati dal sole, a lamentarci del caldo boia e intanto critichiamo quei morti di fame che sono rimasti sotto le palme, nell'entroterra.
- Cosa vuoi che faccia, che stia all'ombra?
Beh, se ti stai lamentando del sole, fai un po' te...

Mio padre era uno di quelli convinti che non si può uscire dalla Matrice. Bisogna avere un lavoro, bisogna avere una casa, bisogna avere una famiglia. Era talmente convinto che "bisogna bisogna bisogna" che ha finito con l'assolvere prematuramente il suo ultimo bisogno, ed è morto ammazzato dai suoi stessi principi. I medici la chiamano leucemia, ma io preferisco pensare che si sia fatto il sangue amaro abbonandosi alla Matrice.

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