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La gerarchia degli schemi statici secondo Pirsig

Definizione di schema statico

Cartello autostradale Una definizione molto intuitiva di schema statico è la seguente: pensiamo ad un cartellone segnaletico, di quelli usati in autostrada per fornire informazioni ai viaggiatori. Questi cartelloni sono formati da decine e decine di piccole lampadine, in molti casi led, che possono essere spente o accese. Col passare del tempo sul cartellone potremmo leggere scritte completamente diverse, come ad esempio "Rallentare: lavori in corso", "Attenzione: banchi di nebbia" oppure "Guidare con prudenza". Le lampadine rimangono sempre le stesse, ma l'informazione fornita dal cartellone è ogni volta diversa.



Diremo allora che le lampadine sono l'aggregato, la materia costituente oppure il mezzo di trasmissione, mentre l'insieme dei simboli (lettere o numeri) che leggiamo sul cartellone sono lo schema statico assunto dal cartellone in quell'istante. Lo schema è perciò la "configurazione" (o lo "stato") di un particolare aggregato in un determinato momento. Si tratta di un concetto ampiamente utilizzato negli ambienti scientifici, usando però una terminologia diversa: gli aggregati sono chiamati sistemi e gli schemi statici sono detti gli stati del sistema.
Il cartellone rimane sempre lo stesso, ma talvolta si configura secondo la schema "Rallentare", altre volte secondo lo schema "Attenzione" e così via. Si usa la parola "statico" per enfatizzare il fatto che di solito lo schema è costante nel tempo, nel senso che non cambia di continuo, ma tendenzialmente mantiene la medesima configurazione per tempi abbastanza lunghi, almeno se confrontati con la vita media dell'aggregato in questione. Lo schermo di un computer, mentre gira uno screesaver, può essere descritto come successione di schemi statici, ognuno dei quali dura pochi secondi. L'immagine che vediamo sullo schermo al cinema, invece, di solito non è uno schema statico, ma possono essere considerati schemi statici i singoli fotogrammi che compongono la pellicola (se presi singolarmente).

Schemi statici Torniamo all'esempio del cartellone segnaletico e focalizziamoci su una singola lettera o numero stampata sul cartellone, considerando ad esempio un singolo quadrato di lampadine (una porzione del cartellone).

Tale quadrato di lampadine può assumere lo schema A, lo schema C, lo schema O e così via, enumerando tutte le lettere dell'alfabeto e le cifre numeriche. Iniziamo finalmente a capire cosa significa affermare che la realtà coincide con gli schemi dell'aggregato, e non con l'aggregato o la materia costituente. Nel modello di Pirsig gli schemi A, C ed O tracciati in figura sono delle lettere reali, mentre le lampadine sottostanti sono solamente il mezzo necessario alla manifestazione dello schema. Di primo acchito potrebbe sembrare un concetto stravagante, ma a pensarci bene tale definizione coincide perfettamente sia con quella dettata dal senso comune, sia con quella suggerita dalla scienza. Quando leggiamo un libro consideriamo reali le parole stampate sulla pagine, e non gli atomi d'inchiostro che le compongono (che tra l'altro contengono enormi spazi vuoti tra di loro). Analogamente pensiamo ad un bicchiere come ad un cilindro, e non come ad un insieme di filamenti di vetro ammassati gli uni sugli altri (il vetro è un liquido che si scioglie molto, molto lentamente). A rigore, quindi, non esistono né lettere stampate né bicchieri, ma solamente atomi configurati a forma di lettera stampata e molecole configurate a forma di bicchiere. Iterando il ragionamento non esistono né atomi né molecole, ma solamente particelle elementari configurate a forma di atomo o molecola e, allo stesso modo, non esistono particelle subatomiche, ma solamente quarks aggregati tra loro con determinati stati (i.e. schemi) quantici.
La definizione più sensata di realtà tangibile è quindi quella suggerita da Pirsig:

La realtà è l'insieme degli schemi assunti dagli aggregati materiali.


La gerarchia degli schemi

Nel caso del cartellone costituito da lampadine abbiamo detto che lo schema è la configurazione delle lampadine accese, ovvero la "disposizione" delle luci presenti sul cartellone. Lo stesso si può dire di un singolo quadratino di "pixels" che ospita una singola lettera o numero (che potrebbe essere, per esempio, un quadratino 8x8, composto da 64 pixels). Se consideriamo solamente uno di questi quadratini, allora gli schemi possibili sono relativamente pochi: tutte le lettere dell'alfabeto, le cifre numeriche, i segni di punteggiatura e qualche altro carattere strano, come ad esempio l'asterisco. Nella pratica un quadratino può assumere all'incirca un centinaio di configurazione diverse, perché stiamo escludendo gli schemi che di solito non vengono usati (ad esempio tutte le lampadine accese).
Osserivamo adesso che la decisione di "cosa usare" come mattoncino elementare di uno schema è completamente arbitraria, e non altera in alcun modo il ragionamento. Possiamo pensare ad un cartellone come l'insieme di centinaia di lampadine, ma anche come all'insieme di numerosissime molecole di vetro, plastica e silicio. In natura non esistono tali distinzioni, siamo noi esseri umani ad inventarci delle categorie semplicemente per comodità rappresentativa.

Possiamo perciò considerare il cartellone come costituito da quadratini, invece che da lampadine. Il cartellone segnaletico, nel suo complesso, è un aggregato che può assumere un numero elevatissimo di schemi, ogni schema rappresentando un possibile messaggio rivolto ai viaggiatori. Ciascuno di questi schemi (che in questo caso sono "frasi") può essere descritto in termini di quadratini.
Quadratini con lettere Ad esempio lo schema "Rallentare" può essere descritto come "R" nel primo quadratino, "a" nel secondo quadratino, "l" nel terzo e quarto quadratino, "e" nel quinto e così via. Tale descrizione è del tutto equivalente alla spiegazione del cartellone come elenco di lampadine accese o spente: stiamo parlando del cartellone in termini di quadratini solo per comodità, ai fine di vedere un esempio di gerarchia tra schemi statici.

Nella nuova prospettiva il cartellone segnaletico è uno schema composto da schemi più piccoli: i quadratini. Ecco finalmente un esempio di gerarchia tra schemi statici: gli schemi piccoli (i quadratini) sono di livello inferiore, poiché sono usati come "mattoncini elementari" per costituire lo schema di livello superiore (il cartellone).
Ogni schema, in teoria, può essere pensato come composto da altri schemi costituenti, ed è perciò di livello superiore rispetto ad essi. L'uomo è lo schema di livello superiore rispetto agli organi del corpo, i quali sono di livello superiore rispetto alle molecole, che a loro volta sono composte dagli schemi atomici, e così via. Viceversa, ogni schema può essere usato per comporre uno schema più grande, che rappresenterà quindi il livello successivo nella gerarchia degli schemi. Si arriva così, passando di schema in schema, dal microscopico al macroscopico.

E' fondamentale ricordare che gli schemi di cui stiamo parlando non sono gli atomi, le molecole, gli organi del corpo o gli esseri umani, ma la loro configurazione. Per schema della molecola d'acqua si intende quindi la formula chimica, la disposizione degli atomi che la costituiscono e i legami tra gli stessi, e non la materia che la compone (altrimenti l'intero discorso sarebbe banale).

Definizione dei livelli

La distinzione tra livelli nella gerarchia degli schemi sembrerebbe, al momento, completamente arbitraria. Quando dividiamo il mondo in categorie, introducendo un modello, lo facciamo nella nostra testa e non possiamo in nessun modo arrogarci il diritto di sostenere che tale suddivisione sia in qualche modo oggettiva o naturale. Una celebre battuta spiritosa recita: "Al mondo esistono solamente due categorie di persone: quelle che sono d'accordo con questa frase, e quelle no".
L'intuizione di Pirsig è stata quella di suggerire una definizione naturale della distinzione tra livelli nella gerarchia degli schemi, che si basa sul seguente criterio:

Uno schema è di livello superiore quando manifesta un comportamento che risulta quasi impossibile spiegare, nella pratica, utilizzando le leggi degli schemi elementari che lo costituiscono. Per descrivere in modo pratico ed efficace il "macro-schema" conviene usare invece delle nuove leggi, che sono spesso degli epifenomeni ottenuti dalle leggi degli schemi elementari.

Applichiamo il criterio all'esempio del cartellone segnaletico. Se prendo in esame uno schema costituito da due o tre quadratini vedrò un comportamento molto simile a quello degli elementi base: un insieme di lettere e/o numeri, che posso facilmente spiegare come sequenza di singoli quadratini (gli elementi base). Se invece considero un insieme di parecchi quadratini, diciamo almeno una decina, allora potrò iniziare a notare la formazione di "parole con significato", che gli elementi base non sono in grado di produrre. Certo, potrei inventare un nuovo alfabeto, basato sulle combinazioni dei 64 pixels che compongono un singolo quadratino e rappresentare così centinaia di frasi con un solo "pseudo-carattere".
Ma nella realtà attuale tale alfabeto non esiste, perciò l'individuo medio non riuscirebbe a leggerlo. Questa precisazione può sembrare un trucco ma è invece corretta, perché stiamo parlando del valore degli schemi, valore che secondo Pirsig non esiste a priori in natura, ma viene attribuito da un altro schema "spettatore" (nel nostro caso, un viaggiatore che legge il cartello segnaletico).
In altre parole, quando il soggetto che studia l'oggetto non riesce più a spiegarlo in termini delle leggi applicabili ai mattoncini elementari, ma gli risulta più comodo affidarsi alla leggi del "macro sistema", abbiamo individuato una separazione in qualche modo oggettiva tra i livelli. Tale separazione non è frutto di una corrente di pensiero o di un punto di vista, ma della natura stessa dell'osservatore, sia egli un essere vivente o l'universo intero.

La gerarchia di Pirsig

Nel suo libro Lila Pirsig divide gli schemi statici in varie categorie o livelli. Si parte dal mondo microscopico, dove troviamo i livelli della fisica e della chimica, passando per il mondo organico, associato al livello biologico, arrivando fino ai livelli umani, sociali e intellettuali. Tale separazione, alla luce di quanto visto sopra, non è del tutto arbitraria né estica, ma fondata su un criterio naturale e spontaneo: la capacità o non di descrivere lo schema con le stesse leggi degli elementi che lo costituiscono.

Formica sul tronco Vediamo ad esempio il perché della distinzione tra livello chimico e biologico, considerando come aggregato le molecole che costituiscono la zampa anteriore di una formica. Il comportamento di tali molecole, se osservate al microscopio, può essere completamente spiegato in termini di leggi chimiche più o meno complesse.
Se alla formica venisse tagliata la zampa, per parecchio tempo non cambierebbe nulla a livello molecolare. Alcune cellule inizierebbe a morire, ma la maggior parte delle molecole che ne fanno parte reagirebbero in tempi molto più lunghi. Immaginiamo poi che uno scienziato stia osservando al microscopio elettronico alcune di queste molecole, senza però sapere se esse appartengono alla zampa recisa, o ad una zampa ancora attaccata al corpo della formica.


Se chiediamo allo scienziato di prevedere, sulla base delle reazioni chimiche che osserva tra le molecole, se esse stanno per muoversi verso l'alto o verso il basso, sarà piuttosto difficile che egli riesca ad azzeccare il comportamento futuro dell'aggregato "zampa". Potrebbe forse capirlo osservando le cellule della zampa, ma difficilmente otterrà informazioni significative dall'osservazione delle singole molecole. Anzi, sarà già tanto se dall'osservazione delle sole molecole lo scienziato riuscirà a capire che sta osservando la zampa di una formica. Se invece permettiamo ad un biologo di misurare la presenza di una scia di feromoni nei pressi dell'aggregato, e di guardare al fenomeno come "una formica su un tronco", sarà quasi immediato capire se l'aggregato si muoverà, e addirittura in quale direzione.
Questo suggerisce quindi una distinzione "naturale" tra gli schemi molecolari, governati dalle leggi della chimica, e gli schemi cellulari, governati dalle leggi della biologia. Ciò rimane vero anche se consideriamo che le leggi della biologia possono essere ricavate, quasi sempre come epifenomeno, dalle leggi della chimica. Risulta infatti molto più semplice osservare una formica, guardare se la zampa è attaccata o meno al corpo, e misurare la presenza di una scia di feromoni, piuttosto che risolvere un sistema di equazioni che si ottiene elencando tutte le molecole della zampa ed applicando ad esse le leggi della chimica.
L'esempio suggerisce quindi che nel passare dall'osservazione di un aggregato di poche molecole all'aggregato composto da moltissime molecole (la zampa della formica), è naturale vedere un salto di livello nella gerarchia degli schemi statici: con poche molecole siamo nel mondo della chimica, i cui schemi statici rappresentano la configurazione delle molecole, mentre con moltissime molecole entriamo nel mondo della biologia, dove gli schemi statici sono le configurazioni delle singole cellule e le loro modalità di interazione.

Conclusioni

In base alla gerarchia di schemi statici qui discussa, nel suo libro Lila Pirsig decide di dividere gli schemi statici in quattro gruppi: materiale, biologico, umano, sociale. Ciascun gruppo rappresenta una categoria di schemi collocati allo stesso livello nella gerarchia degli schemi statici, che abbiamo visto essere basata su un criterio abbastanza spontaneo e naturale: la capacità di descrivere in termini semplici gli eventi che riguardano un particolare schema.
La scelta di Pirsig è confortata da numerosi esempi provenienti da altre discipline. Si consideri ad esempio la memoria degli esseri viventi, che viene considerata solitamente di quattro tipi: la memoria ancestrale genetica del DNA, che ricorda le le scelte operate per mezzo della selezione naturale (livello materiale); la memoria del sistema immunitario, che ricorda le malattie infettive che abbiamo contratto (livello biologico); la memoria del sistema nervoso, che tende a ripetere le modalità di successo ed evitare le modalità di fallimento (livello umano); la memoria culturale, che viene trasmessa di generazione in generazione (livello sociale).


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