Risolvere le contraddizioni sociali
Nessuno mente tanto quanto l'indignato
[F. Nietsche]
Premesse
Questa pagina riprende la discussione sulla visione della
società
suggerita dalla metafisica della Qualità.
Nel modello di Pirsig i valori sociali sono generati da due tipi di forze: il comportamento degli esseri umani,
che definiscono gli
epifenomeni
del livello superiore (modello di campo) e l'azione della società su se stessa, sulla
quale abbiamo poco controllo (modello sistemico).
Secondo Pirsig tali modelli non sono esclusivi ma complementari, come suggerito dall'analisi degli
schemi statici
di livello inferiore (fisici, chimici o biologici).
Discutendo poi alcune delle
applicazioni pratiche
della metafisica della Qualità abbiamo visto come un modo per cambiare la società sia cambiare il nostro
comportamento, giorno dopo giorno, mettendo in atto un processo evolutivo capace di far evolvere la struttura "genetica"
dell'aggregato società.
Nella tesi
intelletto e società
abbiamo invece ipotizzato che, per mezzo del meccanismo dell'autoinganno, la società umana ha una natura contradditoria,
ovvero i valori moralmente accettati (come comportamento) sono al tempo stesso moralmente criticati (a parole).
Secondo tale modello la società può essere pensata costituita da due
schemi statici
diversi: gli schemi sociali e gli schemi intellettuali. Le forze di cui tener conto sarebbero quindi molteplici:
il comportamento umano genera per epifenomeno dei valori sociali, il
pensiero umano genera per epifenomeno dei valori intellettuali, valori sociali e intellettuali
interagiscono tra loro modificando la società e influenzando gli individui che la costituiscono, generando un processo di
feed-back del livello superiore su quello inferiore (le persone), che regola l'evoluzione sia della società, sia degli esseri
umani.
Approccio alla questione
E' ben noto che la mente umana tende a mentire a se stessa, per cui è praticamente impossibile conoscere noi stessi.
Oltre al fenomeno dell'
autoinganno,
dettato probabilmente dal bisogno di tenere alta l'autostima, esistono molti altri fattori psicologici che contribuiscono al
problema, come discusso
qui.
Il risultato è che il comportamento incoerente non è un difetto di qualche rara persona
, ma è una condizione di vita naturale per gli esseri umani. E' normale agire in un modo e pensare nel modo opposto, perché
il nostro cervello tende a nasconderci le contraddizioni, le quali emergono solamente se facciamo riferimento a dati oggettivi
o se mettiamo in dubbio l'opinione che abbiamo di noi stessi.
Al fenomeno vanno poi aggiunti i comportamenti suggeriti dai ruoli sociali.
E' normale che genitori, educatori, politici, giornalisti e in genere tutti coloro che hanno il compito di diffondere
dei principi morali debbano trasmettere i valori intellettuali approvati dalla società, anche se il loro comportamento
personale va nella direzione opposta.
Un medico dovrà sostenere che fumare è dannoso per la salute, anche se egli stesso ha l'abitudine di fumare. Un poliziotto
dovrà dichiarare che la legge va rispettata, anche se lui la infrange di tanto in tanto. Un docente dovrà affermare che
l'istruzione e la cultura sono importanti, anche se ha avuto la cattedra grazie ad una raccomandazione.
Altra causa del fenomeno sono i comportamenti giustificati dal' fine ideologico.
E' il caso di chi raccomanda una persona perché convinto che egli sia uno dei "buoni" e "meritevoli", ovvero lo raccomanda al
fine di contrastare gli effetti di altre raccomandazioni, che infatti selezionano spesso persone poco meritevoli ma munite
delle giuste connections.
Si tratta della contraddizione generata da colui che infrange la legge (o la morale) con la scusa di stare lavorando proprio in
difesa della legge (o della morale). Al di là del giudizio etico su tale comportamento (che non ci interessa), è ovvio che tale
modus operandi contribuisce ad aumentare il divario tra valori sociali e valori intellettuali.
Anche se alcuni comportamenti incoerenti sono consapevoli, essi contribuiscono ugualmente a produrre le contraddizioni sociali che
abbiamo evidenziato nell'analisi sui
valori sociali e i
valori intellettuali.
In questa pagina proponiamo lo sviluppo della
cultura della consapevolezza
come il modo migliore di risolvere tali contraddizioni e ridurre il disagio che ne deriva, contribuendo così a costruire una
società migliore, dove i valori intellettuali che vengono trasmessi siano il più possibile allineati e coerenti con i
comportamenti sociali.
Azioni e parole
Innanzitutto è utile precisare cosa si intende per "attivismo sociale" o "azione sociale".
In generale i mutamenti sociali si diffondono e affermano per mezzo di movimenti d'opinione, propaganda, lotta politica e diffusione
della propria ideologia. Questi strumenti sono efficaci quando si vuole affermare un modello di comportamento, ovvero quando
ideologia e comportamento sono (consapevolmente) coerenti tra loro.
In tal caso il principale ostacolo all'affermazione del movimento è rappresentanto dalle fazioni opposte, ovvero coloro la pensano
in modo diverso, per cui il problema della contraddizione tra valori sociali e intellettuali può essere trascurato.
Al contrario, nel caso di contrasto tra una morale intellettuale (valore intellettuale) e un comportamento sociale
diffuso (valore sociale) di natura contraria, l'efficacia di un movimento d'opinione dipende
da quanto la modalità "verbale" sia effettivamente adeguata allo schema sociale bersaglio della spinta dinamica.
Vediamo due esempi:
Pensiamo alla società come all'equipaggio di una gara di cannottaggio. Le persone che agiscono sono quelli ai remi, le persone
che parlano sono quelle al megafono, incaricate di osservare la direzione, prendere decisioni, urlare ordini.
Senza un "navigatore", che dia il tempo e suggerisca la direzione da tenere, l'equipaggio potrebbe trovarsi spesso fuori tempo,
procedere a zig-zag e quindi risultare poco efficiente. Una società composta solamente da persone che agiscono,
senza alcun "parlatore", assomiglia molto alla situazione appena descritta. Sarebbe probabilmente una società allo sbando,
male organizzata, scarsamente competitiva rispetto agli altri nuclei sociali e quindi poco adatta a sopravvivere.
Questo è un caso in cui le spinte dinamiche, anche se espresse a parole, possono agire sulla società in maniera efficace.
Consideriamo adesso una società composta quasi esclusivamente da persone che diffondono idee, scrivono libri, tengono dibattiti,
fanno politica, sensibilizzano le masse, esprimono opinioni o in generale distribuiscono informazioni sui fatti d'attualità.
Nel caso di una gara di cannottaggio tale configurazione è evidentemente dannosa per l'equipaggio. Tutto il lavoro pesa sulle
spalle dei pochi individui che "remano", e coloro che dovrebbero "guidare" spendono più tempo a comunicare i valori intellettuali
piuttosto che dare consigli pratici.
Questo è un caso in cui le spinte dinamiche, se espresse a parole, sono totalmente inefficaci o addirittura dannose.
Una società così composta non sarà in grado di effettuare un cambiamento effettivo, ma rischierà invece di preservare
(o addirittura peggiorare) le contraddizioni esistenti.
Con questo non stiamo dicendo che la pluralità d'informazione sia un male, anzi: è bene che molte persone, con opinioni
diverse, dicano la loro. Ma affinché la società operi un cambiamento è necessario che essa sia composta seconda
la giusta proporzione, ovvero che la distribuzione dei ruoli "rematore" e "parlatore" sia una distrubuzione
efficace nel particolare schema statico associato alla società. Tale giusta distribuzione non è un parametro
assoluto, ma dipende dall'epoca, dalla cultura, dall'organizzazione pre-esistente e altri innumerevoli fattori.
In ogni caso, qualunque sia tale giusta distribuzione, a nostro parere la società contemporanea è palesemente
descritta dalla seconda situazione, ovvero vi sono troppi parlatori, che enunciano (forse) validissimi principi ma troppo
poche persone che si preoccupano di applicare concretamente tali principi nella vita di tutti i giorni.
Nei termini del costrasto tra
valori sociali e valori intellettuali
ciò genera una contraddizione tra i valori intellettuali della società, che tutti difendono a parole, e i valori
sociali effettivi, che costituiscono la morale sociale di maggior successo.
Siamo così pronti a formulare la prima tesi
L'eccessiva diffusione della pratica di aderire ad un movimento d'opinione, senza che essa implichi l'attuazione di un comportamento coerente individuale, può risultare un ostacolo al miglioramento della società. In questi termini la politica, il volantinaggio, la cause su FaceBook, le raccolte di firme, la manifestazioni in piazza, la diffusione di comunicati, le campagne di sensibilizzazione e tutto ciò che agisce solamente sulle idee (cioè senza implicare un cambiamento nelle proprie abitudini) è potenzialmente un ostacolo all'evoluzione sociale, poiché rafforza il divario tra valori intellettuali e valori sociali anziché risolverlo.
Onde evitare equivoci, ribadiamo il concetto: fare politica non è dannoso, così come non è sbagliato aderire ad una
causa su FaceBook o contribuire a fare informazione. Tali "azioni" possono provocare il cambiamento degli schemi intellettuali
della società, e quindi scatenare l'azione delle organizzazione dirigenti, facendo sì ad esempio che vengano cambiate le leggi,
le normative, i concetti di legalità e illegalità. Ma auspicare il cambiamento sociale per mezzo di tale meccanismo vuol
dire affidarsi all'influenza degli schemi intellettuali sugli schemi sociali, cosa che non sempre funziona,
come discusso nella sezione
la società duale
(in breve: se nessuno rispetta le leggi è inutile farne di migliori).
Nella società contemporanea è diventato troppo facile "cambiare il mondo" cliccando su un "mi piace" o "parteciperò",
senza poi alterare minimamente il proprio comportamento quotidiano. Ben vengano le campagne di informazione o sensibilizzazione,
ma in virtù di quanto detto sopra esse dovrebbe essere avere come conseguenza un cambiamento nel comportamento
di un numero di persone maggiore del numero di persone che ha contribuito a diffondere l'idea.
Purtroppo oggi giorno si assiste al fenomeno contrario: sono molte di più le persone che diffondono idee di quelle che mettono
in discussione il proprio stile di vita. Tale strategia non porta da nessuna parte, poiché contribuisce solamente allo
sviluppo dei valori intellettuali senza garantire alcuna modifica dei valori sociali effettivi.
Si potrebbe obbiettare che aderire ad un movimento, senza poi attuare alcun comportamento concreto, sia solamente
inutile e non dannoso ai fini del cambiamento sociale. Ricordiamo però che in virtù del
meccanismo dell'autoinganno,
il fatto di partecipare a livello mentale a volte crea la convinzione di aver agito, e in tal modo
l'emozione primaria che ci aveva spinto ad attivarci va esaurita e quindi sprecata.
Molte emozioni, come ad esempio la rabbia, hanno la funzione biologica di fornire l'energia per operare un cambiamento
sull'ambiente. Se tali emozioni trovano altre valvole di sfogo, come ad esempio la partecipazione intellettuale a qualche
movimento, esse vengono apparentemente soddisfatte e quindi perdono la loro energia propositiva. In tal modo la causa del
disagio rimane immutata e continua ad agire senza trovare resistenza, poiché gli esseri umani trovano il modo di
scaricare le frustrazioni con l'illusione di aver contribuito a risolvere il problema. L'unico aspetto "positivo",
utile per lo più alla classe dirigente e alle istituzioni, è l'azione "calmante" che il fenomeno produce sulla società,
imitando una sorta di panem et circenses moderno, più o meno involontario.
Il cambiamento come impegno di coerenza
Per mezzo del meccanismo dell'autoinganno è molto facile cadere nell'illusione che le cose vadano male per
colpa degli altri, e che la soluzione di ogni problema sia il nostro attivismo sociale.
Tale illusione funziona per almeno due motivi.
Innanzitutto ci fa sentire buoni, giusti ed altruisti, perché stiamo occupandoci di migliorare il mondo anzichè pensare
esclusivamente a noi stessi. Secondo, in caso di fallimento, possiamo dare la colpa agli altri, che non hanno appoggiato
la nostra idea o non hanno voluto darci retta.
Per mezzo di questo meccanismo molte persone che decidono di agire per cambiare la società, agiscono in modo poco efficace
o addirittura controproducente: esse cercano di redimere gli altri anziché cambiare se stesse.
Si rischia così di cadere nell'errore che lo stesso Gesù Cristo avrebbe menzionato, ovvero "guardare la pagliuzza nell'occhio altrui
anziché la trave nel proprio occhio".
Il modo migliore di ridurre le contraddizioni sociali è quello di cambiare il comportamento delle stesse persone che
sostengono un valore più di quanto lo mettano in pratica. Assumendo che il valore intellettuale sia socialmente approvato,
e quindi assodato, l'unico modo di risolvere il problema è aumentare la frequenza del comportamento conforme all'ideale
dichiarato. In parole povere per risolvere il problema diventare persone più coerenti,
cercando di mettere in pratica i valori che predichiamo.
Applichiamo il modello esposto fin'ora, osservando che:
Da queste tre ipotesi è facile dedurre che, se nella società il comportamento immorale (i.e. quello opposto al valore intellettuale
dichiarato) trova col tempo maggior diffusione negli ambienti sociali della classe dirigente, non è colpa delle persone
al potere, ma avviene a causa delle condizioni iniziali (punti 1, 2 e 3) e del meccanismo naturale di selezione, che
tende a premiare i comportamenti che infrangono la morale intellettuale e quindi favorisce l'estrazione (meramente probabilistica)
di persone immorali da un ambiente di basso potere ad un ambiente di alto potere. Alcuni esempi numerici sull'argomento sono disponibili
qui e
qui.
Siamo così pronti a formulare la seconda tesi
Le azioni che mirano a cambiare la società dovrebbero essere innanzitutto azioni di cambiamento delle proprie abitudini, anche se apparentemente banali o innocue, allo scopo di ridurre gradualmente l'impatto sulla società dovuto al nostro comportamento. Solamente in un secondo tempo, dopo aver operato dei cambiamenti personali e quotidiani, può essere utile attivarsi per tentare di cambiare le abitudini di altre persone.
Il modello suggerisce che è molto più efficace cambiare il mondo per mezzo della
cultura della consapevolezza
(migliorando il proprio comportamento giorno dopo giorno, per diventare sempre più coerenti), piuttosto che indignarsi e
attivarsi per punire i colpevoli, che di fatto (per quanto colpevoli) svolgono solamente la funzione di capro espiatorio,
poiché il loro allontanamento dalla società ha effetto sui valori intellettuali, senza alterare in modo significativo
i valori sociali. In particolare la nostra tesi afferma che per cambiare se stessi occorre spostare il traguardo
dei propri obbiettivi morali giorno dopo giorno, senza mai fermarsi con la scusa "di essere meglio di molti altri" o
"c'è chi si comporta molto peggio". Come suggerito dal modello della
società gaussiana,
non basta che il nostro comportamento sia migliore del comportamento medio proposto dalla società: se vogliamo
contribuire a cambiare il mondo dobbiamo sempre e comunque migliorare noi stessi, giorno dopo giorno.
In sintesi: chi vuole migliorare il mondo dovrebbe continuare a migliorare se stesso, indifferentemente dal fatto che il
suo comportamento sia migliore o peggiore del comportamento medio proposto dalla società.
Questo punto di vista è ovviamente scomodo e difficile da accettare, e difatti chi lo mette in pratica viene
spesso reputato un martire, uno stupido o comunque una persona poco saggia. E' per questo motivo che spesso le
persone che cambiamo il mondo,
sono proprio quelle considerate stupide o particolarmente ottuse.
Esempi numerici
Forniamo alcuni esempi numerici per chiarire i concetti teorici discussi. I modelli matematici utilizzati in questa sezione
non intendono proporre un modello scientifico validabile da qualche esperimento, ma sono stati concepiti con l'unico scopo
di fornire degli esempi numerici con finalità didattiche.
Le rane salterine
Consideriamo un campo popolato da una popolazione di circa cento rane di due specie diverse. La prima specie sono
rane verdi, capaci di compiere balzi normali, mentre la seconda specie sono rane gialle,
capaci di compiere salti molto lunghi. Assumiamo che nel campo le rane siano equamente distribuite, ovvero ci siano 50 rane verdi
e 50 rane gialle, e che il campo confini con un orto, separato dal campo per mezzo di un canale percorso da una corrente molto forte.
Ipotizziamo che le rane che cadono in acqua, a causa della corrente, non riescano ad arrivare a nuoto nell'orto
perché la corrente le trascina a valle molto prima che esse raggiungano l'altra sponda.
L'unico modo di arrivare nell'orto è quindi saltare attraverso il canale. Supponiamo che la probabilità di saltare il canale
per un rana gialla sia doppia rispetto alla probabilità di una rana verde (grazie alla loro maggiore abilità nel salto).
Nell'orto troveremo quindi soprattutto rane gialle. Ma quante? Se la probabilità di attraversare il canale è del 20%, su
dieci rane verdi che tentano il salto solamente due arrivano nell'orto. Ma su dieci rane gialle che tentano il salto,
con una probabilità di successo doppia, ben quattro arrivano nell'orto. Perciò, le prime sei rane ad arrivare nell'orto saranno
quattro gialle e due verdi, pari ad una composizione percentuale del 66% di rane gialle contro un 33% di rane verdi.
In tal caso è sbagliato dire "le rane nell'orto tendono a diventare gialle" oppure "le rane nell'orto sono gialle per loro scelta".
I motivi della presenza maggioritaria delle rane gialle sono solamente due: si parte da una distribuzione inziale del 50%;
il meccanismo di selezione premia le rane che saltano più lontano.
Applichiamo l'esempio appena visto alla società umana. E' naturale che chi non rispetta i valori intellettuali (leggi vigenti
o morale accettata) di fatto "imbroglia" e quindi ha maggiori probabilità di successo. Perciò, se una popolazione parte con
un valore base pari al 50% di persone disoneste, è normale che al potere delle società ci sia una percentuale maggiore, pari
ad esempio al 66%. Ciò avviene per semplice conseguenza del meccanismo di selezione naturale.
L'unico modo di ridurre questa percentuale non è fare un repulisti della classe dirigente, poiché il fenomeno si
ripeterebbe. Cambiare il meccanismo di selezione è impossibile, perché anche in una società perfetta, chi trova il modo di
violare le regole sarà sempre avvantaggiato.
L'unico modo di risolvere il problema è quindi quello di ridurre la percentuale di persone disoneste nella popolazione
di base. Se una società presentasse un tasso medio di disonestà pari solamente all'1%, allora la percentuale di
persone disoneste che salgono al potere sarebbe di molto ridotta (stimiamo al di sotto del 3%).
Il fenomeno dell'asseinteismo
Ripetiamo il ragionamento fatto per le rane salterine nel caso di un valore
intellettuale molto discusso nelle società italiana: il fenomeno dell'asseinteismo sul lavoro. Scegliamo l'assenteismo perché
in tal caso è più semplice stimare (almeno in prima approssimazione) l'effetto del vantaggio del comportamento immorale
rispetto al comportamento morale.
Chiariamo il concetto: se prendessimo in considerazione il fenomeno della corruzione dovremmo trovare un modo di stimare il
margine di vantaggio, nella lotta per il potere, che la corruzione offre rispetto al comportamento onesto, cosa decisamente
complicata e forse impossibile. Invece, nel caso dell'asseinteismo, il comportamento asseinteista non dovrebbe fornire alcun
vantaggio a livello sociale, perché il buon senso suggerisce che chi si assenta spesso dal lavoro dovrebbe dare una cattiva
impressione, e quindi non dovrebbe trarre vantaggio da tale condotta.
L'unico vantaggio, per un asseinteista, dovrebbe coincidere in prima approssimazione col maggior tempo libero a disposizione,
che l'asseinteista potrebbe sfruttare per aumentare la probabilità di salire la piramide sociale.
Considerando le statistiche relative agli anni 2006-2008, il tasso medio di assenteismo tra i lavoratori nel privato è pari al 5%,
mentre il tasso medio tra i dipendenti pubblici è intorno al 13%. Possiamo quindi assumere che, come ordine di grandezza,
il tasso medio di assenteismo del lavoratore medio italiano è intorno al 10%. Prendiamo adesso in esame due lavoratori medi,
che ambiscono entrambi ad essere eletti in parlamento, e stimiamo il vantaggio dovuto all'asseinteismo (vedi sopra).
Le giornate di lavoro effettive, dopo aver tolto solamente i weekends e le festività nazionali, oscillano tra i 200 e i 250
giorni di lavoro all'anno. Siccome i due lavoratori hanno circa lo stesso tempo libero negli orari feriali, il vantaggio
dell'asseinteista può essere stimato quantificando il maggior tempo libero nell'orario lavorativo, che egli potrebbe dedicare
alla sua campagna elettorale. Se il lavoratore non asseinteista dispone in media di 3 settimane di ferie
all'anno, egli potrà dedicarsi all'attività politica circa 21 giorni all'anno. L'asseinteista avrà in più i giorni di
assenza dal lavoro, pari al 10% (media nazionale stimata sopra) di 200-250 giorni, ovvero disporrà di circa 20-25 giorni in più.
In pratica il lavoratore asseinteista avrà circa il doppio del tempo da dedicare alla sua campagna elettorale, e quindi avrà
circa il doppio delle probabilità di essere eletto rispetto ad un lavoratore non asseinteista.
Come nel caso delle rane salterine, ciò significa che se partiamo da una popolazione
di cui il 10% sono asseinteisti, la probabiltà che uno di essi venga estratto è il doppio di quella attesa. Impostando il
problema matematicamente si trovano le probabilità attese in parlamento per i due comportamenti:
Perc(corretti) = ρc /
(ρc + 2⋅ρa)
Perc(assenteisti) = 2⋅ρa /
(ρc + 2⋅ρa)
Dove ρc è la percentuale iniziale di persone "corrette" (non assenteisti) nella popolazione di base, mentre ρa è la percentuale iniziale di persone "asseinteiste" nella popolazione di base. Si ottiene quindi che la percentuale attesa di assenteisti in parlamento è pari a
Perc(assenteisti) = 0,2 / (0,9 + 2⋅0,2) = 0,2 / 1,1 = 18 %
Che darebbe una percentuale di presenze medie in parlamento pari al 82%. Considerato che le presenze effettive, misurate nel 2009, danno il 75% per la Camera e l' 85% per il Senato, una stima dell' 82% potrebbe essere un buon indicatore del fenomeno.
Conclusioni
Abbiamo visto come la diffusione di un comportamento incoerente ed equamente distribuito all'interno di una società, tenda per mezzo del meccanismo di selezione naturale a produrre, col passare del tempo, delle classi sociali caratterizzate da valori e morali diverse. In particolare, come ipotizzato anche da F. Nietsche nel suo libro Al di là del bene e del male, si andranno a creare principalmente due morali: quella dei potenti, dove i "buoni elementi" sono furbi, scaltri e sanno infrangere le leggi con intelligenza, contrapposta alla morale dei semplici, dove i "buoni elementi" sono onesti, umili e lavoratori. Il nostro modello suggerisce che la differenza tra le due morali sia conseguenza della morale globale della società e del meccanismo di selezione naturale, per cui l'unico modo di risolvere il problema è migliorare l'intera società, in modo da ottenere due risultati:
Vediamo adesso alcuni esempi di miglioramento progressivo.
L'imprenditore che per sopravvivere alla pressione fiscale non fattura 3 o 4 lavori all'anno dovrebbe
cercare, l'anno venturo, di non fatturarne solamente 2 o 3. Il ricercatore al quale viene offerta una cattedra tramite
un concorso ad hoc dovrebbe diffondere la notizia del concorso a livello pubblico, per consentire la selezione del
più meritevole (a suo discapito). Chi ha ottenuto un lavoro grazie ad una raccomandazione dovrebbe fare in modo che
i suoi figli non facciano altrettanto (e quindi non raccomandarli).
Il pendolare che ha scoperto un parcheggio gratuito sempre vuoto, che tutti credono a pagamento, dovrebbe diffondere la
notizia invece di avvantagiarsi parcheggiando vicino alla stazione mentre gli altri parcheggiano lontano.
L'ambientalista che osteggia i cacciatori dovrebbe ridurre l'impatto sull'ambiente del proprio stile di vita,
prima di poter affermare che la caccia uccide più animali di una centrale elettrica
1.
In sintesi, ciascuno di noi dovrebbe cercare di tendere verso il miglioramento, e accettare sempre meno compromessi,
giorno dopo giorno, per quanto essi sembrino piccoli o innocui.
L'attuazione di questa strategia di miglioramento progressivo è ostacolata da molti fattori. In primis la falsa immagine che
abbiamo di noi stessi, poiché in virtù della
mancanza di consapevolezza
tendiamo a nascondere a noi stessi le nostre colpe e gli aspetti scomodi del nostro comportamento.
In secondo luogo, se siamo migliori della norma, possiamo cadere nell'errore di pensare di "avere già fatto la nostra parte" e
credere che se le cose vadano male per colpa degli altri, senza capire che è anche dalla
nostra norma che vengono estratte le persone che
consideriamo disoneste. Infine, a causa della contraddizione tra valori intellettuali e
valori sociali, colui che assume un comportamento coerente con i valori intellettuali si troverà spesso ad agire in
modo diverso dal costume sociale, per cui verrà considerato quasi sempre uno
stupido,
un martire o un masochista.
Nessuno è obbligato a scegliere una vita di sofferenza per tentare di cambiare il mondo. L'unica osservazione,
suggerita dalla
cultura della consapevolezza,
è che coloro che decidono di non sacrificarsi per migliorare il mondo dovrebbero almeno essere consapevoli del fatto che la
loro indignazione verso un qualche malcostume sociale serve solamente come valvola di sfogo emotiva,
fine solo a se stessa e dovuta all'ignoranza delle nostre vere responsabilità.
1) L'impatto sulla ambiente causato da una centrale termoelettrica è ben noto. Ma anche una centrale idroelettrica può, molto spesso, essere causa di mortalità della fauna ittica locale. E' sufficiente parlare con un tecnico predisposto alla misura del Deflusso Minimo Vitale per capire che la definizione di tale parametro è controversa, e che le misurazioni dello stesso vengono effettuate in modo poco accurato. Se poi consideriamo che in Italia basta ungere le persone giuste per far risultare a norma qualsiasi impianto, è lecito supporre che l'impatto ambientale delle centrali idroelettriche sia tutt'altro che trascurabile.
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